Esce l’8 marzo ‘La ragazza di Boston‘, il nuovo libro di Paolo Valenti edito da Arkadia. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio l’origine di questo lavoro e i temi che tratta.

Paolo, dopo tre volumi focalizzati sulla storia del calcio, torni in libreria con un romanzo. Perché questa scelta?

Più che una scelta è stata un’esigenza. Volevo raccontare una storia che trasmettesse emozioni che andassero oltre il mondo del calcio, una storia alla quale chi legge si possa appassionare chiedendosi come andrà a finire.
Pensi di esserci riuscito?
Spero proprio di sì anche se ovviamente spetterà al lettore rispondere a questa domanda. Ho voluto dare a lui, oltre alla possibilità di vivere delle emozioni, anche quella di scegliere come andrà a finire la storia. Ma oltre a questo non voglio andare…

Quali sono i temi che hai trattato nel libro?

Essendo un romanzo, ovviamente il tema principale è il rapporto che lega i due protagonisti, Alessandro e Meredith, che è, appunto, la ragazza di Boston. Sono due ragazzi che si incontrano all’università: tra loro è amore a prima vista. Ecco, ho cercato di raccontare la forza di questo sentimento, capace di travolgere la vita delle persone soprattutto quando si è giovani, quando pensieri e azioni vengono dettati quasi esclusivamente da quello che si prova per la persona amata. Ma l’amore ha sempre due facce: così nel libro mi soffermo anche sulle sue difficoltà e su quanto non sia semplice affrontarle.

È in questi frangenti che si cerca rifugio in qualcos’altro.

Esattamente. Quando l’amore non va, ci si rifugia nell’amicizia e nel lavoro, che può aiutare a ricostruire autostima e ad allontanarsi dal dolore di una relazione che non gira al meglio. Sono temi che, in funzione dello sviluppo della storia, vengono inevitabilmente trattati nel libro.

Nessun riferimento alla tua grande passione per il calcio?

Come no! Quando parlo di emozioni, alla fine non riesco ad esimermi dal mettere un riferimento che possa condurre il lettore al calcio, che per me resta una fonte continua di ispirazione. Il protagonista è un ragazzo che, come tanti studenti della sua età, gioca a livello amatoriale con una squadra di amici. C’è un capitolo dedicato interamente alla finale di un torneo al quale partecipano, ultimo episodio di un percorso che prevede energia e dedizione e contribuisce a cementare il senso di amicizia dei protagonisti.

Il libro si apre con la citazione di una canzone non molto conosciuta di Bruce Springsteen. Perché?

La canzone è Sundown, fa parte dell’album Western Stars uscito nel 2019. Ascoltandola più e più volte ho avuto l’ispirazione per scrivere questo romanzo. Raccoglie amore e nostalgia, voglia di riscatto, contemplazione e speranza. Se questo libro fosse un film, Sundown potrebbe essere la colonna sonora dell’ultima scena. È un’apertura che getta un ponte sulla chiusura: ciò che passa sotto è il fiume di eventi che alimenta il romanzo.