La sentenza del giudice sportivo è arrivata: Francesco Acerbi è stato assolto dalle accuse di razzismo rivolte a Juan Jesus nel corso di Inter-Napoli. Lo ufficializza un comunicato divulgato dalla Lega Serie A nella giornata di oggi.
Secondo quanto riportato dal suddetto comunicato “non si raggiunge nella fattispecie il livello minimo di ragionevole certezza circa il contenuto sicuramente discriminatorio dell’offesa arrecata“.
Al difensore neroazzurro, dunque, non verrà inflitta alcuna squalifica. Alla vigilia della sentenza si parlava di due possibili alternative: una maxi-squalifica per comportamenti razzisti in campo di 10 giornate o una squalifica più breve per condotta antisportiva di 2/3 giornate.

Nulla di tutto ciò, le prove a disposizione del giudice sportivo non sono sufficienti. Acerbi sarà a disposizione di Simone Inzaghi già a partire da Lunedì, quando l’Inter affronterà la sfida casalinga contro l’Empoli.

L’avvocato Roberto Afeltra ha spiegato in diretta la decisione del giudice, sottolineando la differenza cruciale che intercorre fra la verità processuale e quella effettiva: “Quando il giudice sportivo, la scorsa settimana, ha deciso di avviare l’indagine della Procura federale anziché prendere una decisione, era chiaro che la sola testimonianza di Juan Jesús riguardo alla smentita di Acerbi non sarebbe mai stata sufficiente per una condanna. Perché? Perché gli articoli dal 58 al 61 del codice di giustizia sportiva stabiliscono che gli indizi su cui si basa una condanna sono il rapporto dell’arbitro, degli ufficiali di campo, degli ispettori federali, dei rappresentanti antidoping, le immagini, i video, le audizioni e anche i colloqui con l’arbitro var. Quindi, sebbene le dichiarazioni dei tesserati siano considerate elementi di prova, in questo caso sono considerate solo come conferma di un indizio, mantenendo così la presunzione di colpevolezza e la validità delle dichiarazioni di Juan Jesús, che non ha mentito. Tuttavia, rimane principalmente la mancanza di indizi concreti

Nessuna delle fonti di prova” continua Afeltra “ha attestato di aver udito quella frase. Ecco perché suggerivo l’applicazione dell’articolo 39, una possibilità scartata da Mastandrea con una decisione importante, poiché il fatto non è considerato grave. Dire “io ti faccio nero” non è considerato grave. Pertanto, non è corretto affermare che Juan Jesús ha mentito. Egli ha detto la verità, ma questa verità non corrispondeva alla verità processuale. Dobbiamo sempre ricordare che, in qualsiasi processo, ciò che conta è la verità processuale che diventa parte della storia. La verità personale, invece, rimane con ciascuno di noi e non è rilevante in un processo. Vorrei fare un esempio personale: tra il 1989 e il 2001, a causa di un errore del pubblico ministero, sei persone sono state erroneamente assolte dall’ergastolo. Quello è stato un errore processuale. Quindi, onestamente, non mi sorprende questa decisione, considerando che le fonti di prova non hanno portato a indizi concreti