Putin e Xi Jinping dittatori? Sfatiamo definitivamente questa manipolazione retorica punto per punto

Su La Repubblica, rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico, compare in questi giorni un articolo surreale.
Un articolo surreale nel quale Putin e Xi Jinping vengono sprezzantemente qualificati, o meglio demonizzati, come dittatori.
Proprio così, Putin e Xi Jinping “dittatori” che reprimono i dissidenti.

Si tratta, a ben vedere, della solita logora retorica liberal-atlantista. Retorica in coerenza con la quale dittatore, ormai lo sappiamo, è chiunque non si pieghi alla volontà di Washington e provi magari a mantenere la propria sovranità e la propria indipendenza rispetto alla potenza imperialistica neoleviatanica stelle e strisce del dollaro. L’ordine discorsivo neoliberale risulta effettivamente puerile, caricaturale, fumettistico. Eppure continua ad avere una sua tenuta presso oi polloi, espressione che in greco bisognerebbe tradurre con “i più” e che Costanzo Preve suggeriva di tradurre con “i polli”, dato che i più sono anche i polli.

L’ordine discorsivo neoliberale si muove in effetti con dogmatiche categorie manichee che contrappongono in astratto, in maniera del tutto destoricizzata, il bene assoluto e il male assoluto. E naturalmente sempre identificano il bene assoluto con l’Occidente a guida atlantista e il male assoluto viceversa con tutto ciò che non rientri nell’ordine dell’Occidente liberale atlantista. Ancora, l’ordine discorsivo neoliberale celebra a piè sospinto l’ordine occidentale come democrazia perfettamente compiuta ed è legittima, con movimento simmetrico, come “dittatura” tutto ciò che non rientri negli spazi imperialistici dell’Occidente stesso.

Eppure, democrazia e dittatura non sono categorie stabili dell’intelletto astratto, quasi fossero realtà metafisiche e immutabili.
Sono invece categorie che con Hegel chiedono di essere intese dialetticamente nella concretezza storica in cui operano.
Ad esempio, chi esercita realmente una istanza autenticamente democratica nel contesto concreto?
Gli Stati Uniti d’America che aggrediscono gli stati disallineati a Washington o la Cina di Xi Jinping che offre appoggio ai popoli resistenti a Washington?

Ancora, svolge autenticamente un’istanza democratica la civiltà del dollaro quando impone alle sue colonie di impegnarsi in guerre imperialistiche volute solo da Washington per il proprio interesse? Ed è davvero democratica la civiltà del dollaro che ogni giorno di più appare simile a una plutocrazia in cui comanda il capitale e nient’altro che il capitale?

Sono domande che dobbiamo porre, non certo per presentare le cose in maniera inversa, cioè per celebrare la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping come se fossero democrazie perfette. Non lo sono ed è giusto ricordarlo.
Ma non dobbiamo nemmeno cadere nella narrativa fumettistica, manicomiale e caricaturale oggi imperante grazie al logo dominante di tipo neoliberale, che rimuove completamente la concretezza storica, i suoi conflitti e i suoi traumi, e fa valere una visione manichea come quella che abbiamo descritto, in cui “democrazia” è sempre abbinato per principio all’Occidente e viceversa, dittatura, totalitarismo e violenza sono sempre abbinati in maniera opposta a tutto ciò che Occidente non è.

Ecco l’importanza del pensare dialettico, mettendo in movimento le categorie, anche quella di democrazia e di dittatura, per scoprire quanto di democratico possa esservi anche in realtà come la Russia e la Cina, e quanto di non democratico possa esservi nell’Occidente liberal-atlantista.

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