L’Italia si prepara a un percorso tempestoso di sette anni, con tre voragini potenzialmente fatali

L’Italia si trova sull’orlo di un intricato labirinto di debito e deficit, che rischia di fare invidia alla rigida frenata tedesca sul debito. Mentre in Germania si discute sulla validità del cosiddetto freno al debito, il ministro dell’economia italiano, l’Onorevole Giancarlo Giorgetti e il suo team affronteranno un delicato dibattito a Bruxelles. Perché in questi giorni, le proposte in discussione che sono frutto di un tentativo di una mediazione della presidenza spagnola, riguardano la riforma delle norme del 1997 e del 2012-2013. L’Italia si sta preparando a un percorso tempestoso di sette anni, con tre voragini potenzialmente fatali: la cosiddetta riduzione del deficit-PIL, la clausola di salvaguardia per il debito PIL e l’avvicinamento all’ancora del 2% del deficit PIL. Un cammino condiviso con la Francia mentre la Germania, nonostante il suo freno al debito, viene accusata di mantenere dei sussidi energetici.

La discussione sulla rigidità del bilancio diviene quindi paradossale, specialmente quando dalla stessa Germania escono delle voci critiche verso quell’impianto che appare veramente di un’era geologica assurda, una vocazione quasi ideologica. La necessità cioè di ridurre debito e deficit appare ancora più assurda considerando il contesto dinamico del mondo moderno. Insomma, sembra che ci aspetti nei prossimi mesi ed anni un tour de force nel meraviglioso mondo del debito e del deficit, una sorta di passeggiata antistorica e un ringraziamento alla Banca Centrale Europea che distrugge ogni spazio di mediazione. L’assurdo è il fatto che noi stiamo parlando di norme che risalgono al 1997, in un’epoca che non ha veramente più nulla a che vedere con quella attuale, e alle riforme del 2012-2013, oltre dieci anni fa. Quindi l’assurdo è che noi continuiamo a ridurre il debito e il deficit, lo stiamo facendo da decenni, e la situazione assurda è che è la strada sbagliata.

Il problema è che è la strada sbagliata per il Paese, ma è la strada giusta per i grandi poteri finanziari che lo manovrano.