L’ultima surreale uscita di Bergoglio che imbarazza la Chiesa: è il compimento di una strategia

Dio non è Mandrake con la bacchetta magica“.
Questa frase demenziale priva di qualsivoglia valore è stata pronunziata in questi giorni da Bergoglio, il quale peraltro già nel 2020 aveva detto qualcosa di analogo e dunque, come usa dire, persiste nell’errore.
A stupire è naturalmente il paragone del tutto improprio tra Dio, la causa primissima, il centro della teologia occidentale, la causa delle cause con la filosofia greca, da una parte, e Mandrake, personaggio fumettistico ed emblema del prestigiatore dall’altra.
Ancora una volta, va detto, Bergoglio dà prova della propria teologia del nulla, della propria religione woodstockiana e della propria specifica funzione di affossatore del cattolicesimo.

Quello di Bergoglio in effetti è un cristianesimo dal cielo svuotato, privo di riferimenti alla trascendenza e alla sacertà, tutto proiettato nell’immanenza e sempre più coincidente con il messaggio unico della globalizzazione nichilista.
Quest’ultima uscita di Bergoglio ne rappresenta una prova ulteriore, da leggersi insieme a tutte le altre uscite surreali che ha compiuto in questi anni. Ecco perché, senza tema di smentita, mi spingo a sostenere che Bergoglio, lungi dal contrastare il movimento di evaporazione del cristianesimo ne sia parte integrante, sia in qualche modo egli stesso propulsore di questa tendenza fondamentale.
Proprio in ciò sta la novità decisiva.

Il processo di secolarizzazione dura da lungo tempo ed è anzi per certi versi coestensivo rispetto alla modernità.
E tuttavia, solo con la Chiesa successiva al Concilio Vaticano II abbiamo per così dire un processo nuovo in cui è la Chiesa stessa a farsi fattore di evaporazione del cristianesimo, divenendo per così dire il braccio destro della globalizzazione e della sua neutralizzazione del messaggio cristiano aperto alla trascendenza. Nel tempo del Concilio Vaticano II poteva avere una logica, sia pure risultante fallimentare, ex post, quella di aprirsi al mondo per conquistarlo. Questa era la strategia impiegata dalla Chiesa.
Tuttavia, aprendosi al mondo, la Chiesa non conquista il mondo, ma si perde in esso.
Finisce per farsi indistinguibile dal mondo e dunque per divenire superflua rispetto al mondo stesso.

Con Bergoglio questo processo sembra giungere al compimento, perché quella che propone Bergoglio è una fede low-cost, accessibile a tutti, che implica di fatto la semplice adesione al messaggio unico della globalizzazione neoliberale. Perché di questo si tratta.
Essere buoni cristiani al tempo della neochiesa di Bergoglio significa né più né meno che essere buoni consumatori, aderenti al pensiero unico politicamente e teologicamente corretto della globalizzazione neoliberale. Quello che non chiede alcuna fede nella trascendenza, nell’aldilà e nell’anima, ma semplicemente una supina aderenza ai messaggi portanti del pensiero unico che prevede la globalizzazione, il mercato, l’accettazione dello smantellamento di ogni figura residua dell’identità della cultura e della tradizione.

Ebbene, deve essere chiaro, rispetto a questo movimento, la neochiesa liberal progressista di Bergoglio non ha nulla da eccepire, anzi, è del tutto organica a questo stesso movimento.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro