La falla invisibile dietro il caso Soumahoro ▷ “È uscito fuori il vero problema dell’accoglienza”

Scoppia lo scandalo Soumahoro.
Già tempo fa si era sollevata una nube di accuse nei confronti dei familiari del parlamentare Aboubakar Soumahoro.
Ora l’accusa viene confermata: Lady Soumahoro e la suocera avrebbero impiegato le risorse statali destinate all’assistenza dei migranti e dei richiedenti asilo per altri fini. Quali? Ironicamente, sembra essere proprio per quei “diritti all’eleganza” nominati dal parlamentare dei Verdi che moglie e suocera sono agli arresti domiciliari. Fiumi di euro destinati alla beneficenza usati per gioielli, capi estetici e così via.
Tra i finanziamenti estranei ai fini preposti dalla cooperativa di famiglia Soumahoro anche un ristorante italiano in Ruanda.
A portarlo alla luce è la Guardia di Finanza a Latina. Un sistema che il Gip definisce “un illecito meccanismo fraudolento a gestione familiare“.

E’ possibile – commenta Fabio Durantiche il popolo non possa riprendersi un po’ della propria vera sovranità anche su queste cose?
Va preso chi gli ha dato i soldi
“. La denuncia del fattaccio è arrivata poi dagli stessi ex dipendenti della cooperativa Karibu.
In un’intervista al Corriere della Sera Youssef Kadmiri ha raccontato che le condizioni dei richiedenti asilo erano “offensive dei diritti e della dignità di uomini e donne“. E per quanto riguarda lo stipendio: “Io non ho ancora ricevuto il pagamento di quello che mi spetta“.

La cosa inizia l’anno scorso – spiega il vicedirettore de La Verità, Francesco Borgonovoe arriva praticamente subito dopo l’elezione, a poca distanza. Ma da dove nasce? Nasce dai dipendenti. Sono gli stessi dipendenti delle cooperative, forse anche indispettiti dal fatto che lui è poi diventato parlamentare, che vanno a denunciare. Dicono: ‘Guardate che qua sono andati da un sindacato Uiltucs di Latina sostenendo di essere da mesi senza stipendio e reclamando 400 mila euro di soldi non pagati“.

Il discorso rischia di finire alle solite lecite domande con relative conclusioni: dov’era lo Stato quando serviva?
Duranti non ci sta. “Qua il danaro pubblico finisce nelle casse degli amici, degli amici, degli amici, e agli altri gli rompono le scatole.
Censure, controlli, questo e quell’altro. Non può essere che oggi in uno Stato che si reputa democratico, che dice di esserlo,
fanno i deboli con i forti e i forti con i deboli“.