Indignarsi per la violenza sulle donne è sacrosanto, trasformarlo in una questione politica meno

Caso Giulia Cecchettin: ci sono delle generalizzazioni che possono dar fastidio, tra l’altro non aiutano a risolvere situazioni di violenza e di sopraffazione che effettivamente esistono. Oggi su Repubblica si leggono in prima pagina una serie di commenti: “Gli uomini progressisti non esistono”, dice Francesco Piccolo. E invece no, gli uomini progressisti esistono e secondo me tra l’altro sono parte del problema. Poi cosa vuol dire progressista? Perché uno che tratta bene le donne e le tratta con rispetto è un progressista? Ma la cultura conservatrice è piena di inviti a comportarsi in questa maniera, con rispetto per tutti tra l’altro, non solo per le donne.

Non è questo il punto, continuare a sostenere l’esistenza del patriarcato o andare a a sostenere che esista una guerra fra sessi complichi il problema, perché alimenta questo scontro, questo sbilanciamento che invece è alla base di tanti problemi evidenti.
Tornando sulla prima pagina di Repubblica si legge il titolo: “Dalla parte delle donne contro i femminicidi, cortei e veglie, un’onda lunga di protesta nelle piazze di tutto il paese, giovani mobilitati dalle scuole all’università”. Turetta, l’assassino Filippo Turetta, accusato di sequestro e omicidio volontario e la sorella della vittima, Elena Cecchettin afferma: “Assassini dentro casa e lo Stato è complice”.
Io capisco le piazze, ovviamente dare un segno di vicinanza alla famiglia, indignarsi per la violenza sulle donne è buono e giusto ma trasformarla in un problema di destra o di sinistra è decisamente sbagliato. Questo il punto della questione, anche perché non è che sono tutti identici maschi, non è che l’oppressione e la violenza si manifestano in modo identico anche nella storia.