La Segre sostituisce Zaki in Tv, il messaggio è chiaro: chi critica Israele va ridotto al silenzio

Continuano senza tregua le sventure di Patrick Zaki, che rapidamente da paladino delle sinistre fucsia liberal progressiste sembra essere divenuto nemico pubblico, paria, intoccabile. Infatti Zaki ha usato criticare Israele definendo Netanyahu un serial killer. Per questo motivo è stato sostituito da Liliana Segre nel salotto di Fabio Fazio. noto soprattutto per il suo marcato pluralismo. Il messaggio mi pare chiaro, anzi chiarissimo. In primo luogo, basta dissentire su uno dei capisaldi del pensiero unico politicamente corretto, in questo caso l’appoggio incondizionato a Israele, per essere ostracizzati e oscurati dal sistema mainstream, anche se fino a ieri si era, come Zaki, funzionali alla sua narrazione.

In secondo luogo, la presenza di Liliana Segre è utilizzata in maniera strumentale. A questo riguardo lo dico per evitare ogni equivoco, non bisogna criticare in quanto tale Liliana Segre, ma la strumentalizzazione che di lei è continuamente fatta dal sistema mediatico unificato. In sostanza, la strumentalizzazione di Liliana Segrè in questo caso è lampante. Viene utilizzata per ribadire all’infinito uno dei punti salienti dell’armamentario concettuale del pensiero unico imperialistico occidentale. Argomento che così suona: chi critica Israele deve per forza essere antisemita e come tale deve essere ridotto al silenzio, magari anche giuridicamente perseguitato. In tal guisa, ogni possibile critica a Israele è resa impossibile aprioricamente. E viceversa, l’imperialismo di Israele è santificato come diritto alla difesa contro l’infame antisemitismo.

Quando anche tale diritto alla difesa, come oggi sta accadendo, si determini sotto forma di aggressione ai danni di civili, donne e bambini di Gaza. Gaza che attualmente sembra descrivibile con Guernica di Picasso. Ma le sventure di Zaki non sono finite, è finita nell’occhio del ciclone una sua considerazione svolta durante la presentazione di un suo libro a Milano e attualmente ripresa da tutti per demonizzare il giovane studente egiziano: “Si devono capire le ragioni del terrorismo”. Questa è l’espressione utilizzata da Zaki. Ora, io non sono un sostenitore di Patrick Zaki, ma bisogna essere palesemente in cattiva fede per fare, come è stato fatto, di queste parole un elogio del terrorismo e di Hamas.

Intanto perché capire non vuol dire giustificare o elogiare, ma appunto rendere oggetto di una spiegazione razionale. Per quel che riguarda poi le ragioni del terrorismo, non vuol dire il fatto che il terrorismo abbia ragione. Vuol dire invece semplicemente le cause del terrorismo, i motivi del terrorismo. Tant’è che nel seguito della frase di Zaki si leggono le parole che seguono: “Credo che sia necessario fare un lavoro di ricerca sulle ragioni sottostante”. Insomma, Patrick Zaki ha posto delle ragionevolissime domande che ogni essere normodotato, al di là delle appartenenze politiche, dovrebbe fare. Ma si sa, negare la stessa possibilità del porre domande rientra pieno nelle prerogative dell’odierno ordine mentale dominante di completamento dei rapporti di forza simmetrici della globalizzazione imperialistica. Ecco perché, lo ripeto ad nauseam, non sono un sostenitore di Patrick Zaki, Ma è altresì evidente, come il suo caso sia emblematico, di come la difesa incondizionata a Israele e al suo imperialismo sia un punto intoccabile dell’ordine discorsivo e di potere dominante. A tal punto che perfino una star del sistema mediatico dominante, un paladino delle sinistre fucsia liberali come Zaki, appena ha osato toccare quel tema problematicamente, è stato subito reso oggetto di questo linciaggio permanente.

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