Stato e politica hanno il dovere di intervenire sui liberi mercati

È stata a ragion veduta definita la nuova ragione del mondo vale a dire il nuovo spirito assoluto del nostro tempo: alludo al libero mercato come unica razionalità riconosciuta, quella alla quale debbono genuflettersi tutte le altre realtà, che sia la sanità pubblica o la scuola, in quest’epoca strana e miserrima che stiamo vivendo tutto deve genuflettersi alle ragioni insindacabili del libero mercato, quasi come se la ragione dei mercati fosse la sola, l’unica riconosciuta, l’unica degna di essere celebrata. La nostra epoca in effetti, soprattutto dopo il 1989, si è venuta profilando come la civiltà del mercato, come se fosse una forza metafisica a cui tutto deve sottostare. Eppure già Hegel, il grande filosofo dell’800 che segnò più di ogni altro la storia della filosofia moderna, aveva messo in evidenza due tra le tante contraddizioni che caratterizzano il mercato inteso come forza a cui tutto deve sottostare.

In primo luogo, secondo Hegel, affermare, come oggi fanno in forma parossistica gli odierni cantori del libero mercato, che nel lungo periodo il sistema economico produce un suo equilibrio, è una posizione pericolosa. Anche la peste ad un certo punto cessa e produce un suo equilibrio ma nel frattempo le sue vittime sono centinaia di migliaia. Lo stesso si può dire del libero mercato deregolamentato, se lo si lascia procedere senza regolamentarlo e disciplinarlo con la potenza dello stato e della politica, ebbene esso troverà presto o tardi un suo equilibrio ma nel mentre avrà prodotto centinaia di vittime, persone che avranno perso tutto, di nuovi emarginati dalla società opulenta.

Oltre a questo argomento a sostegno di un’esigenza di una regolamentazione politica del mercato, Hegel ne mobilita uno ulteriore che non deve essere trascurato. Diceva Hegel, con una critica sferzante a quell’Inghilterra che incarnava un popolo senza metafisica e votato alla libertà dei mercati e sempre più disattento alla capacità dello stato di regolamentarli, i liberali fanno professione di individualismo dacché celebrano la libertà dell’individuo come unica e somma libertà. Ma sono proprio loro i primi a sacrificare il benessere del singolo sull’altare del mercato e dell’equilibrio economico. In sostanza i liberali dimenticano, notava Hegel, che non è il mercato come ente astratto, come realtà metafisica , ma è solo l’individuo in quanto particolarità a rappresentare un fine e ad essere titolare di diritti. Qui sta il paradosso del pensiero neoliberale che dice di voler tutelare l’individuo ma in realtà sacrifica l’individuo sull’altare del mercato. Esso e soltanto esso è il vero protagonista del neoliberismo che dice di avere a cuore le sorti degli individui che tuttavia vengono mandati in rovina dal libero mercato concorrenziale.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro