Stellantis annuncia la produzione della nuova 600 e la Topolino, ma l’Italia non ha nulla da festeggiare

Leggiamo sui principali e più venduti quotidiani d’Italia che Elkann ha recentemente annunziato presso il Lingotto di Torino, che tornano a essere prodotte la nuova 600 e la Topolino. Leggiamo in particolare quello che scrive il “Corriere della Sera” nella sua sezione sabauda in data 4 luglio 2023. Questo il titolo prosettato dal Corriere della Sera: “Stellantis, John Elkann presenta al Lingotto nuove Fiat 600 e Topolino“. Dunque sembrerebbe essere un trionfo per l’Italia e come tale è stato a tambur battente presentato. Giustappunto l’annuncio è stato trasfigurato dai quotidiani più venduti d’Italia come il trionfo italiano par excellence, quasi come se si trattasse del tanto atteso ritorno della grandezza italica che finalmente riconquista dopo tanto tempo, la propria capacità di produrre, innovare, di primeggiare e di far valere il proprio splendore.

Peccato, tuttavia, che si siano dimenticati di insistere a dovere sul fatto che pure veniva citato negli articoli che abbiamo menzionato, ivi compreso il Corriere della Sera, il fatto che le nuove produzioni avverranno in Polonia e in Marocco, non certo in Italia. Anche il Corriere della Sera, dicevo, fa cenno a questo aspetto non trascurabile dacché scrive: “A Torino il lancio dei due nuovi modelli del marchio Fiat. La nuova Topolino sarà prodotta in Marocco, la nuova 600 a Tichy in Polonia”. Insomma, siamo davvero certi che lo si possa intendere, qualificare e celebrare come il trionfo dell’Italia? Siamo realmente sicuri che sia una notizia da leggersi con grande giubilo, come viene fatto dai principali quotidiani italiani?

Siamo ancora una volta al cospetto dei drammi e dei supplizi della globalizzazione neoliberale, di quella che in altra sede ho definito la ‘glebalizzazione’, la quale sfrutta l’open space del mercato, più precisamente lo mette a profitto, senza confini e come teatro per far valere la logica illogica della valorizzazione illimitata, quella logica in grazia della quale la produzione viene di volta in volta traslata, ove convenga, al capitale, vuoi per i salari più bassi, vuoi per le condizioni più favorevoli per il capitale. Insomma, sembra che a un’analisi meno superficiale e meno ingenuamente o ideologicamente trionfalistica vi sia realmente poco di che festeggiare per l’Italia. Sì, ancora una volta la globalizzazione neoliberale colpisce senza pietà il nostro paese o più precisamente senza pietà colpisce i lavoratori e i ceti medi, come ormai abbiamo appreso già da tempo essere tipico e direi anzi inevitabile scenario della globalizzazione neoliberale in quanto tale. Siamo alle solite, dunque, quella che ai piani alti plutocrati del capitale, i global leaders no border celebrano come globalizzazione, ebbene, ai piani bassi, ossia ai piani abitati da coloro i quali lavorano e vivono del proprio lavoro, andrebbe meglio inquadrata concettualmente come ‘glebalizzazione’, che è poi un nome inventato, un neologismo che bene adombra in ogni caso il reale carattere spietato e di classe della globalizzazione che produce immiserimento delle classi lavoratrici e lo fa e lo fa proprio mettendo a profitto il piano deregolamentato della concorrenza planetaria sotto il segno del libero mercato.