Cosa c’è davvero dietro la lotta al patriarcato della “sinistrash”

Una delle nuove mode della sinistra dell’Arcobaleno coincide con la lotta al patriarcato. Non vi è alfiere della cultura LGBT, non vi è guerrigliero dell’arcobaleno, non c’è sostenitore delle politiche della neo sinistra glamour che non brandiscono il gladio della lotta al patriarcato, inteso e combattuto come la principale contraddizione della civiltà a forma di merce. Insomma, per accreditarsi come buoni e credibili esponenti della sinistra glamour o se preferite, della sinistra chic, è necessario fare propria questa battaglia. Cerchiamo allora di fare celermente chiarezza su cosa realmente sia l’odierna lotta contro il patriarcato, così come viene teorizzato e messo a tema dal quadrante sinistro dei moschettieri del turbo capitalismo. Che la società capitalistica in passato si sia fondata anche e non marginalmente sul patriarcato appare fuor di discussione. Il modello patriarcale funzionava perfettamente come giustificazione di un vecchio capitalismo autoritario, un capitalismo nei cui spazi il padre padrone era l’emblema della potestas e dell’autorità repressiva del vecchio capitalismo borghese. Ebbene, nel nuovo capitalismo, tuttavia, sembra che la figura del patriarcato davvero poco spazio, occupi. In effetti il modello capitalistico di patriarcato non esiste più nell’Occidente europeo da almeno cinquant’anni. In particolare, direi da quando ha preso forma la nuova civiltà deregolamentata dei consumi e del godimento, così come si è venuta forgiando e profilando a partire dal 68.

Come ebbe a rilevare Pier Paolo Pasolini, si produceva col 68 il transito dalla società dei sudditi sottomessi alla società dei consumatori euforici e trasgressivi. Insomma, non più il capitalismo repressivo del padre del patriarcato, ma un nuovo capitalismo deregolamentato, trasgressivo e del consumo permissivo. Il capitalismo in fase di assolutizzazione superava gli stessi fondamenti su cui si era precedentemente istituito e tra questi vi era l’autorità della legge, vi era la figura del Padre e vi era la famiglia stessa. I moti del 68 chiedono dunque di essere letti, come più volte ho precisato, come espressione del nuovo spirito del capitalismo. E il 68, più che come momento di emancipazione dal capitalismo, figura come un momento di emancipazione del capitalismo stesso, che si libera della cultura borghese del padre non per produrre la società emancipata, ma per produrre un ancora più infernale ordine turbo capitalistico. Vietato vietare. Godiamo illimitatamente tutto senza limiti. E molti altri motti seicenteschi ancora rivelano il nuovo spirito del capitalismo. Si tratta di formule che all’apparenza propiziano un movimento critico e liberatorio, ma che in realtà, come non è difficile mostrare, producono la modernizzazione del capitalismo in atto fin dagli anni 60.

E ciò, ripeto, non certo per produrre una società libera ed emancipata, ma al contrario, per favorire il transito a un capitalismo ancora più repressivo e totalitario qual è quello odierno. Per questo l’odierna lotta contro il patriarcato non è una lotta contro il capitalismo oggi imperante, che da tempo ha già superato il patriarcato e si fonda semmai sulla dissoluzione della famiglia e sulla individualizzazione relativistica e consumistica della società, di una società, più precisamente, che viene ridotta a pulviscolo piatto di individui unisex e senza famiglia, sradicati e perennemente condannati a l’erranza. Per questa ragione mi avventuro a sostenere che la lotta della New Left dell’Arcobaleno contro il patriarcato non è semplicemente in colpevole ritardo, perché è una lotta contro un nemico già da tempo sepolto. È invece l’ennesimo caso di lotta che finisce in ultima istanza per coincidere con la lotta stessa che il capitalismo conduce. Tutto ciò che ancora gli opponga resistenza o, più precisamente, opponga resistenza alla sua dinamica di mercificazione integrale della realtà. Ecco perché nelle pratiche e nel discorso della sinistra neoliberale organizzata sotto il segno dell’arcobaleno, la lotta al patriarcato coincide in toto con la lotta contro la famiglia, più in generale contro la figura del padre, la quale viene liquidata come necessariamente autoritaria e repressiva.

Il capitalismo di libero consumo e di libera mercificazione non conosce infatti famiglie, padri e madri, ma solo consumatori fluidi che tanti diritti hanno quanti sono i loro desideri. L’uomo non deve sfuggire a questo riguardo come il capitalismo liquido e finanziario non abbia bisogno del padre e della famiglia, anzi debba liquidarli acciocché resti soltanto la figura del consumatore unisex e sradicato. Ecco perché, una volta di più, le sinistre dell’arcobaleno finiscono per essere semplicemente le guardie fucsia del nesso di forza capitalistico egemonico e finiscono dunque per svolgere la parte che è propria degli utili idioti del potere che credono di combattere contro il dominio che invece, con le loro stesse pratiche e i loro discorsi inconsapevolmente contribuiscono a rinsaldare. L’odierna lotta contro il patriarcato non dice nient’altro, allora, se non la lotta che il capitalismo sta conducendo contro quel che resta della famiglia e della figura del padre, e ciò affinché vengano per sempre spazzate via e in loro luogo sussista soltanto la posa reificante degli atomi allineati e sciolti da ogni relazione solida e solidale. Ecco allora che la tanto in voga lotta contro il patriarcato in realtà altro non dice se non la lotta contro la famiglia e contro il padre.

Radioattività – Lampi del Pensiero Quotidiano