Zelensky e quel silenzio assenso in TV: nessuno osa fargli queste domande-tabù sulla guerra

Si è molto discusso nei giorni scorsi del celebre e celebre viaggio del guitto Zelensky, attore Nato, in Italia.
Un viaggio lampo, come è stato definito in relazione a quello del prodotto in vitro di Washington, se non di Hollywood.
Guittone di Kiev, che infiniti lutti già addusse agli ucraini, dacché la sua missione, come sappiamo, non è quella di difendere l’Ucraina, la sua libertà e la sua sovranità, ma al contrario è quella di usare l’Ucraina come carne da cannone, come carne da macello per gli interessi dell’imperialismo a stelle e strisce. In effetti il guitto Zelensky, attore Nato, figura a tutti gli effetti come semplice pedina eterodiretta da Washington come marionetta manovrata dalla Casa Bianca. Ebbene, nel suo viaggio in Italia ci hanno colpito molti aspetti e tra questi voglio richiamare l’attenzione sull’atteggiamento, a mio giudizio ampiamente ridicolo del clero giornalistico e del circo mediatico.

Abbiamo visto un plotone di giornalisti che, anziché attuare un plotone d’esecuzione, metaforicamente criticando Zelensky, ponendogli domande, domandandogli le ragioni del suo evitare in ogni modo la pace, di fatto lo ha colmato di salamelecchi e di celebrazioni, trasformando a tutti gli effetti la presenza del guitto in Italia, quasi come in una discesa di un eroe del Nord che giunge nel Mediterraneo per dettare la linea da seguire.

Miseria del giornalismo, potremmo dire, variando una nota espressione di Karl Marx in relazione alla filosofia. O almeno miseria di un certo giornalismo, dacché vi sono anche giornalisti con la schiena dritta, pochi in verità, che seguitano a fare onestamente il loro lavoro.
E il giornalista dovrebbe, questo è il suo lavoro, dire ciò che il potere non vuole si sappia e far in qualche modo circolare le idee scomode, antagonistiche. Esattamente il contrario di ciò che fa il clero giornalistico regolare contemporaneo, che non dice quello che il potere non vuole si dica e dice soltanto ciò che il potere vuole si dica.

Ecco, a questo riguardo, lo spettacolo dei giornalisti alla corte del guitto Zelensky come ciambellani pronti a obbedire, è stato uno spettacolo decisamente pietoso, del quale vi sarebbe davvero di che vergognarsi, in quanto italiani soprattutto.
E che tuttavia ha monopolizzato la scena pubblica. Non un solo giornalista, dico, non uno che abbia avuto la schiena dritta e il coraggio di porre domande scomode al guitto Zelensky. Quali domande scomode?
Ad esempio: perché non cerchi la via della pace? Perché eviti a ogni costo la diplomazia?

Perché ti ostini a dire che la guerra finirà quando la Russia sarà stata sconfitta e non semplicemente quando l’Ucraina verrà lasciata libera senza più essere occupata? Non uno che abbia avuto il coraggio di dire queste cose banalissime, in verità, che pure basterebbero a rovesciare lo storytelling egemonico con il quale il guitto Zelensky e la civiltà del dollaro continuano ad accampare le ragioni della guerra.

Dacché il guitto Zelensky , come marionetta di Washington, vuole la guerra a tutti i costi.
L’obiettivo è produrre un cambio di regime in Russia a ciò che si passi dalla Russia resistente di Vladimir Putin, a una Russia ridotta a semplice colonia di Washington. Questo è il vero obiettivo rispetto al quale il guitto Zelensky è funzionale.
Non un giornalista che abbia avuto in Italia il coraggio di porre anche timidamente, alcune domande vagamente critiche.
Davvero vi sarebbe da dire con il vecchio Cicerone: o tempora, o mores!

RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano, con Diego Fusaro