In arrivo la sanzione UE per le colonnine elettriche: l’Italia non può rispettare i tempi del PNRR

E sempre in tema di assurdi, parliamo del controllo sulle stazioni per l’idrogeno stradale e l’installazione di colonnine elettriche. L’obiettivo europeo che chiede all’Italia di aggiudicare entro il 30 giugno 2023 gli appalti per la costruzione di 2500 colonnine di ricarica per i veicoli elettrici nelle autostrade e altre 4000 nelle aree urbane, è in serio pericolo a causa di un ritardo ormai patologico prodotto da un generale difetto di programmazione da parte del Ministero dell’Ambiente. Per la Corte dei Conti queste lentezze rischiano di tagliare l’assegno cosiddetto dell’Unione europea e fanno scattare delle penalità a carico dei vertici degli uffici assegnati. Nel caso dell’idrogeno pesa anche lo scarso interesse dei privati per l’assenza di ritorni. Ed è proprio per questo che il MIT, cioè il Ministero per le Infrastrutture e i trasporti, aveva limitato al 50% l’aiuto pubblico per evitare di trovarsi di fronte ad operatori motivati esclusivamente dall’agevolazione pubblica. La Corte contesta questa scelta insieme alla mancanza di forme idonee di pubblicità per l’avviso e ai ritardi nella definizione dei criteri per individuare le aree in cui collocare le famose stazioni. Per certi versi sembra ancora più grave il quadro offerto dalla misura sulle colonnine elettriche che coinvolge 740 milioni contro i circa 230 per le stazioni a idrogeno e va ad innalzare una collana di ritardi gestionali e amministrativi.

Insomma, prima gli affidano dei piani irrealizzabili, poi li sanzionano. Sanzioni che andrebbero girate al mittente Conte prima e Draghi poi. Ora queste considerazioni, che riguardano sostanzialmente i temi ambientali, mi riportano a considerare ancora una volta l’assurdo nel quale ci troviamo. E ripeto la mia tesi perché mi sono occupato di finanza agevolata prima in Parlamento, poi per 15 anni in attività professionale, e ancora oggi sento questa follia del pensare che i progetti si debbano fare perché ci sono i contributi pubblici, in realtà i contributi derivano da soldi degli imprenditori. Allora noi tassiamo gli imprenditori per prendere dei soldi, per darli ad altri imprenditori, per fare delle cose che il mercato non vuole fare. Questo è l’assurdo. Quando il privato non vuole investire se non c’è il contributo pubblico, vuol dire che quello non è un settore di suo interesse. Quindi noi stiamo facendo un doppio errore. Prima stiamo spostando l’attenzione dall’impresa a una logica pubblica. Secondo, stiamo spostando da una logica pubblica nazionale ad una logica pubblica di interesse sovranazionale. Stiamo perdendo il contatto con la realtà.

Malvezzi Quotidiani