Ci sarà un perché se determinate partite vengono definite “finali anticipate”: è merito e colpa al tempo stesso di un sorteggio che sorride a volte agli outsider con lo stesso ghigno con cui condanna una protagonista annunciata. Nessun verdetto è ancora stato stilato, s’intenda, ma a Londra e a Monaco di Baviera stanno maledicendo ciò che al tempo stesso permea di adrenalina Napoli e Milano, quest’ultima coinvolta con entrambe le sponde calcistiche del Ticino.

Per una inglese ieri sera straripante, un’altra stasera frustrata rispetto alle intenzioni di partenza: noi che, come Mourinho, abbiamo scelto di vedere Real Madrid – Chelsea, abbiamo assistito alla crescita esponenziale degli uomini di Ancelotti, nella misura in cui quelli di Lampard hanno progressivamente accusato il peso delle tante componenti avverse della serata, tra le quali una non scritta e non definibile, ma spesso presente: il Real non è descrivibile soltanto attraverso la famelica attitudine realizzativa di Benzema o la parata grandiosa di Courtois esibita su Sterling subito dopo il gol del francese; il Real in queste occasioni scende in campo con la mano invisibile ma pesantissima della storia poggiata sulla spalla; il blasone e l’attitudine a pensare che a serate come questa ne seguiranno tante quante quelle che l’hanno preceduta, producono una sorta di Legge di Murphy al contrario: se qualcosa potrà andar bene, ci andrà. Non è come partire matematicamente da 1 – 0, ma a volte è persino qualcosa di più. E Ancelotti, nel mentre, palleggia tranquillo, col sopracciglio che continua a impennarsi, al pari della consapevolezza.

Paolo Marcacci