“Sono figlio di profughi. Sono venuto in Italia nel 1949 all’età di un anno. Ho fatto tutto il cursus honorum del profugo, quindi da questo punto di vista ho un background notevole da poter spendere“. Dato il recente e tragico naufragio di Crotone dove sono morti più di 60 migranti, interviene sul tema immigrazione il vignettista de Il Giornale Alfio Krancic, nativo di Fiume.
Emigrato nel ’49 in direzione Firenze, ha vissuto per cinque anni in un campo profughi.
“Molti credono che io sia bosniaco o serbo, forse per il cognome, e quindi non mi considerano un esule facente parte di quei profughi che tra il 1947 e il ’50 vennero via dall’Istria e dalla Dalmazia“. Il vignettista si riferisce ovviamente al tragico eccidio delle foibe che vide almeno 20mila vittime italiane abitanti le regioni prima citate da Krancic. 250mila gli italiani costretti a emigrare. Tragedia che però per molti anni gli italiani hanno preferito dimenticare, istituendo il giorno del ricordo solo nel 2004.
A questo punto il giornalista Francesco Borgonovo chiede: “Avendo lei vissuto questa situazione, ha una sensibilità particolare sullo sradicarsi?“
“Non capisco come la sinistra voglia riuscire a superare questi disagi negandone l’esistenza” – chiosa Krancic – “Chi viene sradicato porta sempre dentro di sé questo dramma, c’è poco da fare. Vedo immigrati che in poco tempo sembrano essere perfettamente integrati. A volte cantano anche l’inno nazionale. Mi fa piacere, ma nessuno ha dimenticato da dove si è venuti. Io continuo a sentirmi istriano, addirittura asburgico: anche nella mia ironia, nelle mie vignette si capisce.”
“I leader europei sono impegnati con l’Ucraina e queste cose sono marginali rispetto ai problemi dell’est“, aggiunge il vignettista al quale risponde e conclude Borgonovo: “Nonostante tutta la retorica che si fa sui migranti e sul multiculturalismo, alla fine parliamo sempre di persone che rimangono ultime, anche nelle voci di chi ci si riempie la bocca. Per loro l’importante è che siano mantenuti gli interessi rispetto a questo business: è la priorità, mentre a quanto pare non lo è pensare a prevenire e a salvare le persone“.