Su Repubblica, rotocalco turbomondialista, nonché fronte avanzato del neoliberismo progressista, compare in questi giorni un articolo che attira realmente la nostra attenzione, dacché ha una portata che potrebbe essere coerente con la dinamica ben nota della cancel culture. L’articolo così dice: “Mussolini c’è, l’Italia dei monumenti che celebrano ancora il Duce ed il fascismo“. “Dalla Capitale a Bolzano“, scrive Repubblica, “i simboli del regime sono quasi tutti in bella vista. Impensabile cancellarli ora, ma se c’è chi li onora, qualcuno prova a risignificare“. Ebbene sì, siamo alle solite con la cosiddetta cancel culture, quella che pretende di fare giustizia storica cancellando i simboli del passato. È vero, Repubblica spiega che non è possibile cancellare ora i simboli dei monumenti fascisti: siamo troppo in ritardo, sembra lasciare intendere e tuttavia è quantomeno scomodo e sconveniente che appaiano così visibili, così ben esposti, anzi in Italia ve ne sono a iosa: consideriamo anche solo la stazione centrale di Milano, per non parlare poi di Latina, che è un’intera città costruita in quel periodo e che evidentemente è un simbolo, se non un tributo al fascismo. “Che fare dunque con i monumenti del passato?” Due sono le possibilità, almeno a giudizio di chi vi sta parlando, la prima, quella sensata, la seconda, quella folle. La possibilità sensata, a mio giudizio, sta nel rispettare tutti i simboli del passato, che non vuol dire porli tutto sullo stesso piano o far finta che veicolino messaggi neutri e superati. Al contrario, significa lasciare la storia al suo posto, lì dov’è e apprendere dal suo magistero, apprendere le grandi gesta per ripeterle e apprendere i grandi errori per non tornare a far sì che si riverifichino.

Ecco qual è la lezione fondamentale della storia. Ecco perché con Cicerone possiamo ripetere che essa può essere magistra vitae. La funzione cattiva invece della storia può essere quella della cancel culture di chi pretende di rettificare il passato correggendolo dal punto di vista del presente: si tratta di un vero e proprio erramento del nostro tempo che imperialisticamente si erge a fronte più alto, moralmente più avanzato e dunque tale da poter correggere a piacimento il passato con la spugna, cancellando via tutto ciò che non appaia coerente con le sensibilità odierne.

Ecco allora che già in America hanno abbattuto le statue di Cristoforo Colombo. Ed ecco che magari in un futuro non remoto in Italia si penserà di abbattere i monumenti fascisti pensando con ciò di fare giustizia storica, e allora magari abbatteranno la stazione centrale di Milano e raderanno al suolo Latina. Chi lo sa? Ecco la cancel culture non rappresenta un momento di giustizia storica, dacché la giustizia storica consiste nel comprendere il passato, comprendendone la grandezza e gli errori, gli orrori e lo splendore. La cancel culture è invece strettamente connessa con il nichilismo ovunque oggi imperante, quello che pretende di produrre il nulla, proprio come nel film, ma poi anche nel libro “La storia infinita”. L’epoca del nichilismo, ci aveva avvertiti Nietzsche, è l’epoca del nulla compiuto: l’epoca in cui muore Dio e crolla il cielo con tutti i valori e i riferimenti, si rotola via verso la X, diceva Nietzsche. Crolla la domanda sul perché e sul verso dove. Questo è il non plus ultra del nichilismo, dove non soltanto l’uomo presente vive con il futuro assente, ma anche con il passato sempre più palesemente cancellato. Vive di solo presente, privo com’è di prospettiva futuro centrica e di passato rammemorato. L’uomo contemporaneo vive nel puro presente del capitale del consumo, nel nulla della civiltà merciforme.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro