Disquisizioni su tagli alla spesa pubblica e non solo: a Davos c’è spazio anche per affermazioni succulente.
Durante un salottino televisivo con la CNBC, la presentatrice ha ricordato al CEO di Moderna Stéphane Bancel che loro si erano incrociati al WEF già nel 2020. In quell’occasione l’Ad le disse che stava lavorando ad un vaccino per il Covid.
E qual è la stranezza?” direte. Quella dichiarazione risale al 21 gennaio 2020, epoca in cui il virus c’era – in Cina – ma non aveva neppure la denominazione di Sars-Cov 2.
A cavallo dell’11 gennaio dello stesso anno succede che la Cina diffonde per la prima volta la sequenza genetica del virus. Due giorni dopo Moderna aveva già pronto lo schema per costruire il suo vaccino mRMA.
Nel giro di poche settimane il siero viene prodotto, nel giro di pochi mesi iniziano già i primi trial: la diffusione su larga scala è pronta.

E qui probabilmente qualche lettore parlerà di complotto col sorriso in bocca. In realtà una versione probabile potrebbe essere questa: la tecnologia mRNA, buona per tutte le stagioni, fu rispolverata in fretta e furia.
Ho parlato con docenti che lavorano in America“, ci riferisce Alessandro Rico (La Verità), “mi hanno detto che la tecnologia mRNA si studia da decenni. Non aveva mai dato grandi risultati, ma ha il vantaggio di essere facilmente adattabile a varie esigenze“.

Una giustificazione? Solo parzialmente

Già perché Moderna, tra l’altro, da diversi anni collaborava a stretto contatto con il Dipartimento della Salute e con quello della Difesa USA. Lo stesso Dipartimento della Difesa che nel 2013 aveva finanziato con 25 milioni di dollari delle ricerche per malattie infettive “conosciute e sconosciute”.
Che un lavoro di intelligence ci sia stato prima del febbraio 2020 è possibile”, continua Rico, “ma ricordo anche che i National Institutes of Health guidati da Fauci avevano finanziato esperimenti nel laboratorio di Wuhan sul guadagno di funzione: in sostanza lavori su un patogeno per fare in modo che acquisisca capacità che prima non aveva“.

Non c’è ancora nulla di definitivo, però i puntini da unire diventano sempre più stretti. Ascoltate l’intervista di Francesco Borgonovo ad Alessandro Rico.