Matteo Messina Denaro, dopo 30 anni di latitanza il blitz in una clinica a Palermo

I carabinieri del Ros hanno arrestato Matteo Messina Denaro. La sua latitanza, che durava da trent’anni, si è conclusa in una clinica privata di Palermo, dove il boss mafioso stava effettuando alcuni controlli. L’inchiesta che ha portato a questo storico arresto è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.

Secondo quanto riportato da ANSA le prime parole del boss di Castelvetrano rivolte ai carabinieri nel momento dell’arresto sono state “Sono Matteo Messina Denaro”. Alcuni presenti al momento dell’arresto riferiscono come Denaro avrebbe in una prima fase cercato di sfuggire dalla vista dei carabinieri. Tentativo di pochi secondi, visto il dispiegamento di forze che nella mattinata odierna hanno circondato la clinica privata “La Maddalena” di Palermo. L’ormai ex latitante si trovava nella clinica per svolgere controlli e terapie. Dopo l’arresto è stato condotto presso la  caserma dei carabinieri “San Lorenzo” di Palermo.

Non si è fatta attendere la reazione delle istituzioni. Una nota del Quirinale sottolinea “Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato al Ministro dell’Interno e al Comandante dell’Arma dei Carabinieri per esprimere le sue congratulazioni per l’arresto di Matteo Messina Denaro, realizzato in stretto raccordo con la Magistratura“.

In mattinata è arrivato anche il commento della Premier Giorgia Meloni: Un altro capo della criminalità organizzata viene assicurato alla giustizia. I miei più vivi ringraziamenti, assieme a quelli di tutto il governo, vanno alle forze di polizia, e in particolare al Ros dei Carabinieri, alla Procura nazionale antimafia e alla Procura di Palermo per la cattura dell’esponente più significativo della criminalità mafiosa“. Inoltre la Meloni assicura: “Il governo assicura che la lotta alla criminalità mafiosa proseguirà senza tregua“.

Matteo Messina Denaro era l’ultimo superboss ancora latitante, ricercato dal 1993, subito dopo l’arresto di Totò Riina, con il quale per un lungo periodo ha intrattenuto stretti rapporti. A suo carico più di venti condanne all’ergastolo per una lunga serie di delitti efferati: tra questi le stragi del 1992 che causarono la morte dei giudici Falcone e Borsellino, gli attentati del 1993 di Roma, Firenze e Milano, l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, ancora bambino eppure sciolto nell’acido dopo un lungo rapimento. 

Viene scritta oggi una pagina importante anche per il Comune di Castelvetrano, sottolinea il sindaco Enzo Alfano: “Non se ne poteva più di associare la città a questo latitante che è nato qui, è la fine di un incubo”.