Pagare la salute, non la malattia: un nuovo paradigma che crea un ponte tra educazione e promozione alla salute e sanità.
Di certo non si può dire che il dr. Alberto Donzelli, MD, Specialista in Igiene e Medicina Preventiva, Direttore editoriale di “Pillole di buona pratica clinica” e “Pillole di educazione sanitaria”; abbia qualcosa contro i medici o sia un pericoloso no vax quando in Europarlamento solleva un problema preciso: estirpare il meccanismo che rende la malattia la fonte di guadagno per le strutture sanitarie.
Qual è la mossa vincente per sovvertire questa logica che mette in ginocchio la fiducia medico-paziente?
Già, perché si tratta di un problema che durante la pandemia ha vissuto il suo apogeo e che, a seguito dei massicci tagli decennali alla sanità non ha fatto che estendere le sue metastasi.

Per pagare per la salute, secondo noi la strategia vincente è quella di pagare con quote capitarie; ma non quote capitarie fisse. A partire dai medici di famiglia, passando per i farmacisti, fino agli ospedali e tutte le strutture della sanità, le quote capitarie devono essere pesate in funzione dell’età dei pazienti, non dei medici come accade oggi. Più il paziente acquista longevità, più si alzerà la quota capitaria. Per il centenario questa peserà molto di più dell’adolescenza“.
Più precisamente “ogni anno conquistato comporta un aumento della quota capitaria riconosciuta all’attore della sanità: non ci devono essere altre modalità; per cui si incentiva tutto quello che l’attore ritiene possa essere utile per allungare la vita e la salute. La parola chiave è longevità“.