È una notizia recentissima che deve davvero indurci in preoccupazione. Una preoccupazione non certo temeraria, non certo ingiustificata, ma direi una preoccupazione motivata, necessaria e, dirò di più, doverosa. La NATO, nella sua recentissima assemblea di Madrid, ha stabilito di qualificare la Russia come Stato terrorista. Sì, avete capito bene, la Russia di Putin diviene a tutti gli effetti, secondo la definizione dell’Occidente a trazione atlantista, uno Stato terrorista. Questa definizione non deve certo passare inosservata e anzi già ci aiuta a capire come la pace, ben lungi dall’avvicinarsi, si stia facendo sempre più un’ipotesi remota, dacché ormai sempre più si respira aria di conflitto, aria di guerra totale, l’inimicizia sembra ormai clamorosamente presente nelle sue portate più radicali.

Sotto questo riguardo bisognerebbe richiamarsi alla dottrina di Carl Schmitt, il quale notava a suo tempo come l’identificazione dell’avversario con il terrorista comporti la negazione a priori della possibilità stessa della via diplomatica, dell’accordo, del dialogo e della negoziazione. E ciò in ragione del fatto che con il terrorista non si può dialogare. L’inimicizia con il terrorista si fa totale, si segna una linea divisoria completa, al di là della quale, diceva Carl Schmitt, piovono bombe all’idrogeno. Il terrorista deve essere annientato, sconfitto, senza mediazioni possibili. Ecco perché la definizione della Russia di Putin come Stato terrorista non lascia presagire davvero nulla di buono. Ovviamente non può sfuggire nemmeno come a coniare questa definizione sia la Nato, cioè quello che più volte abbiamo identificato con il braccio armato dell’imperialismo statunitense, che si finge organizzazione internazionale, ma che in realtà impone la voluntas della civiltà del dollaro anche alle colonie che fanno parte della NATO e che di fatto svolgono una funzione coreografica di semplice consenso assenso.

Sotto questo riguardo fa sorridere, o meglio, farebbe sorridere, se solo non fosse drammatica, la situazione di cui stiamo parlando. Gli Stati Uniti d’America, che dovrebbero sedere propriamente alla sbarra dell’imputato per tutti i missili democratici per tutte le missioni imperialistiche fintamente umanitarie che hanno svolto e continuano a svolgere, si ergono invece a giudice della storia universale assegnando criteri di di validità di giustificazione e di demonizzazione all’occorrenza agli Stati a seconda del loro collocarsi dalla parte di Washington o contro Washington. Ecco perché è una costante della storia degli ultimi trent’anni il fatto che le nazioni che non si siano immediatamente genuflesse al cospetto di Washington e della sua dominazione imperialistica del mondo, siano state ipso facto classificate come Stati canaglia o Stati terroristi, per poi essere trattate conseguentemente nel modo a cui facevo riferimento.

Citando Carl Schmitt, sarà ora la volta della Russia di Putin? Una cosa è certa: l’inimicizia è totale. Il fatto che sia stata qualificata come Stato terrorista ben ci lascia intendere la voluntas della civiltà del dollaro di portare fino alle sue estreme conseguenze il conflitto. Nessuna pace all’orizzonte, dunque. Anzi, il conflitto si fa ogni giorno più radicale, ogni giorno più vicino, nella sua portata più disastrosa, più esiziale, più catastrofica. Questo è lo scenario nel quale ci troviamo ed è bene tenere sotto controllo la situazione, dacché ogni giorno sembra che la guerra diventi più vicina e il conflitto venga spinto alle sue estreme conseguenze.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro