Si continua in queste ore a discutere senza posa intorno alle recenti dichiarazioni di Laura Boldrini, vestale della sinistra neoliberale fucsia e dell’arcobaleno, la quale ha preso posizione duramente contro Giorgia Meloni. Tanto per cambiare.
Così ha cinguettato su Twitter: “La prima donna a Palazzo Chigi che però si fa chiamare al maschile il presidente. Cosa le impedisce di rivendicare anche nella lingua il suo primato?
La Treccani ci dice che tutti i ruoli vanno declinati. O forse affermare il femminile è chiedere troppo alla leader di Fratelli d’Italia che già nel nome dimentica le sorelle?”.
Ora questa posizione di Laura Boldrini, pienamente coerente con la sua linea generale all’insegna del femminismo neoliberale, ha generato un dibattito piuttosto acceso, con posizioni talvolta in bilico fra il serio e il faceto che hanno in molti casi preso di mira l’uscita di Laura Boldrini, anche con tono comico. Taluni l’hanno invero difesa, rivendicando l’esigenza di declinare al femminile l’espressione “il presidente”. Quel che mi preme sottolineare in questa sede è che con un’opposizione così, il governo della destra bluette, neoliberale e atlantista, può davvero dormire sonni tranquilli.

Tra l’altro non si trascuri il fatto che suona lievemente tragicomico sentire esponenti della politica italiana non certo di second’ordine, viste anche le cariche ricoperte istituzionalmente da Laura Boldrini, che nel quadro di una nuova guerra mondiale di fatto già in corso, di una crisi legata all’emergenza del caro bollette e anche alla nuova emergenza permanente legata al regime terapeutico, come priorità hanno quella della declinazione al femminile della carica istituzionale in questione. Insomma, farebbe ridere se non facesse piangere.
Eppure la situazione nella quale effettivamente ci troviamo sembra davvero che che in quel cinguettio di Laura Boldrini sia racchiuso e condensato l’intero programma della New Left dell’arcobaleno, la sinistra neoliberale post-moderna nemica di Gramsci e dei lavoratori e amica dell’ordine global capitalistico. Un programma all’insegna delle rivoluzioni ortografiche e delle insurrezioni della asterisco, quelle che letteralmente fanno tremare i padroni del capitale, i quali ce li immaginiamo lassù in alto, che ridono beatamente felicissimi di vedere le sinistre così.

Sito della Camera dei Deputati: ancora ben visibile la dicitura “il Presidente Nilde Iotti”

Degli incapaci di criticare realmente la società del capitale. Anzi, sembra quasi che si siano divisi i compiti E ci sia stata un’equa distribuzione dei lavori: da un lato i capitalisti padroni no border, gli oligarchi e gli ammiragli della tecno finanza decidono sovranamente dei temi legati al lavoro, alla società e all’economia e poi lasciano che in basso le sinistre fucsia, i loro guardiani più zelanti, gestiscano i capricci di consumo, arcobaleni e poi anche le rivoluzioni del asterisco. E in effetti le sinistre hanno smesso già da tempo di fare rivoluzioni sociali come al tempo di quella russa, di battersi per il salario e per i diritti del lavoro, per il welfare state e per l’opposizione alla prosa edificante del capitale. E le uniche rivolte e rivoluzioni che sono in grado di fare sono quelle, appunto, dell’asterisco e dell’arcobaleno, le rivolte che non cambiano di una virgola i rapporti di forza e che anzi servono in ultima istanza a distrarre rispetto alla prosa edificante del capitale e a generare l’illusione che essere rivoluzionario oggi consiste nel mettere lo sciupa l’asterisco o nel declinare al femminile il termine il presidente.

A proposito, la questione riguardo questa vicenda tragicomica è presto risolta, se considerate il fatto che testualmente sul sito ancora ben visibile della Camera si legge “il presidente Nilde Iotti” e la polemica ridicola su “la Presidente” direi che si chiude qui, dato che da sempre si è utilizzata la formula che anche ora Giorgia Meloni ha impiegato, con buona pace di Laura Boldrini e degli altri zelanti rivoluzionari e guerriglieri dell’asterisco e della declinazione al femminile.

Radioattività, con Diego Fusaro – Lampi del pensiero quotidiano