Basta restrizioni: normalizzare il post Covid si può. Lo afferma Matteo Bassetti, Professore Ordinario all’UNIGE e Direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, nel suo intervento alla trasmissione Lavori in corso.

Una posizione, quella del virologo, già espressa in un suo tweet dell’11 ottobre, con cui auspicava l’abbandono di regole del passato come la quarantena obbligatoria perseguibile penalmente.

Una strategia già adottata in Inghilterra, dove da mesi i positivi asintomatici possono andare in giro senza restrizioni e le regole sui tamponi sono più lasche. Perché in Italia tutto questo non avviene? “E’ una domanda da fare ad altri. Dico da tempo che il covid con cui abbiamo a che fare oggi non è la malattia del 2020-2021, quando trovava un’autostrada verso i polmoni data la mancanza di difese che potessero contrastarlo. Non c’erano vaccinati, non c’erano guariti, tantomeno farmaci come i monoclonali. Non c’era neanche la variante Omicron. Oggi la malattia è gestibile nella stragrande maggioranza dei casi, e quando fa male non è per causa diretta, ma perché il quadro clinico renderebbe difficile la gestione di moltissime malattie, anche dell’influenza. Parliamo di pazienti come gli anziani e gli immunodepressi“.

Dopo la campagna vaccinale del 2021 e gli sforzi per l’acquisto di farmaci attivi, oggi per il virologo è il momento di voltare pagina. “Questo non vuol dire dimenticarci che esiste, ma che ci possiamo concentrare sulle fasce più deboli della popolazione. Queste dovrebbero farsi la quarta dose e usare la mascherina nei luoghi affollati al chiuso, ma per tutti gli altri le restrizioni non hanno più senso. Gli altri Paesi sviluppati si sono già mossi in questa direzione: ora tocca a noi“.

Eppure, in alcune fasi della gestione della pandemia l’Italia ha attuato comportamenti più simili al modello cinese che a quello europeo. Si è cercato di andare verso il “Covid 0”, piuttosto che attuare flessibilità. “Il problema del modello Covid 0 è che oggi il virus è cambiato. Il Covid originale aveva una contagiosità più bassa: ogni malato poteva infettare al massimo due-tre persone. Le varianti di oggi sono dieci volte più contagiose. Il metodo cinese non credo sia mai stato messo in atto da noi, ma si tratta di una strategia fallimentare. Per ottenere risultati minimi si devono compiere sforzi titanici, peraltro limitando le libertà personali. Oggi bisogna trattare questo virus come le altre infezioni respiratorie“.

Altro retaggio della prima fase della pandemia è il bollettino quotidiano dei contagiati e dei ricoveri. Una prassi che, secondo Bassetti, andrebbe abolita: “Tra pochi mesi anche l’influenza stagionale comincerà a diffondersi su larga scala: vogliamo fare il bollettino anche di quella? Non credo avverrà, e allora perché si fa per il Covid? Un conto è se fornisse informazioni su quante persone stanno male, ma sapere solo il numero di tamponi ha poco senso“.

Nel suo intervento radiofonico, il virologo si è anche soffermato sulle difficoltà di comunicazione tra medico di base e medico specialista rispetto ai farmaci da prescrivere per combattere il Covid. “Alcune regioni sono più virtuose di altre, dovremmo puntare all’uniformità per garantire a tutti gli italiani l’accesso a farmaci molto utili per combattere l’infezione, monoclonali compresi. Non si tratta di medicine per tutti, ma da utilizzare per soggetti gravi e a rischio, e vanno somministrati subito, nei primi giorni della malattia. Bisogna creare meccanismi virtuosi di comunicazione tra ospedale e territorio: lo specialista deve essere a disposizione del medico di medicina generale, questo è lavorare per il bene pubblico“.