9 luglio 2006: Italia sul tetto del mondo per quarta volta. Della finale di Berlino contro la Francia ricordiamo perfettamente tabellino, epilogo e successivi festeggiamenti. Per questo poniamo l’attenzione su concetti e parole che fungono da pillole del racconto.

Berlino e la sua storia

La prima parola è Berlino. All’Olympiastadion era passata la storia con la S maiuscola 70 anni prima nel 1936. Nella Capitale tedesca si svolgono infatti le Olimpiadi sotto l’egida e stretto controllo del Terzo Reich. Saranno le prime Olimpiadi mediatiche perché supportate dalle riprese cinematografiche della regista Leni Riefenstahl. In tal senso non c’è bisogno di ricordare il nome di Jesse Owens. L’invito è di andare a leggere la vera storia di Berlino ’36 perché i libri di storia sul rapporto tra Hitler e Owens ci hanno mentito per tanti anni.

Il blocco Juventus

La seconda è Juventus. Il calcio italiano arrivava a quella Coppa del Mondo con l’opinione pubblica divisa tra chi considerava non decorosa una partecipazione a quel Mondiale dopo i fatti di Calciopoli e addirittura chi pretendeva che l’Italia non andasse in Germania. Quella vicenda dal punto di vista giuridico non fu mai sviscerata a fondo. D’altro canto l’eccellenza calcistica di quella Juventus era totalmente trasferita in quella finale con ben otto bianconeri che ne fecero parte. Nel corso dei 120 minuti sono stati in campo Buffon, Cannavaro, Camoranesi, Del Piero, Trezeguet, Vieira e Thuram. Altri avevano militato nella Vecchia Signora come Zinedine Zidane. Il calcio italiano all’epoca ancora poteva competere alla pari con il patrimonio tecnico spagnolo, inglese e tedesco.

Totti decisivo

Fino ai 120 minuti del match a prevalere sarà la Francia. Questo renderà più dolce e saporita la vittoria dell’Italia. Il terzo nome è quello di Francesco Totti. Il capitano della Roma rimane in campo per 60 minuti, giudicati non eccelsi, ma nei suoi confronti dal CT Domenech viene studiato un controllo specifico da parte di Vieira e a turno da altri componenti della mediana transalpina. Lippi aveva fatto di tutto per avere Totti al Mondiale. Una cosa va detta: dall’uscita del numero 10 la Francia conquisterà il predominio del campo. Se la Nazionale si trovava a Berlino c’era stato un punto nodale nella sfida contro l’Australia. Al momento di battere il rigore concesso per fallo su Grosso, in quel match che si era complicato, l’unico ad andare sul dischetto senza esitazioni sarà proprio Totti. Questa è storia. Ricorderete la partita con l’Ucraina e il passaggio filtrante nella semifinale contro la Germania.

Il canto del cigno di Zidane

Raccontando la finale non possiamo dimenticare un altro cognome: Zidane. Il fuoriclasse classe 1972 quella sera salutava il calcio e di spalle saluterà anzitempo la Coppa del Mondo per avviarsi agli spogliatoi. Noi quella notte eravamo impegnati a festeggiare sbeffeggiando i francesi in modi più o meno civili, ma non facemmo caso ad un dettaglio importante. Ricordate la testata a Materazzi? All’epoca si diceva: “Quando fa queste cose, lui che è un giocatore eccelso, prevale il suo sangue berbero e la sua parte magrebina“. Oggi possiamo dirlo: quel commento lo trovammo in tanti di un razzismo vomitevole. Zidane aveva perso le staffe perché gli era stata insultata la sorella per tutta la gara e a un certo punto gli si chiuse la vena.

L’uomo chiave: Fabio Grosso

Chiudiamo con il nome di Fabio Grosso. Quando la storia decide che devi essere eroe, basta una sola serata affinché tu lo sia. Il suo rigore, seconda grande giocata che si permetteva in quel Mondiale, ci dice che se sei baciato dalla grazia in un certo momento nessuno può toglierti il fatto di essere entrato nella storia dalla porta principale. L’ultimo nome che citiamo è quello di Francesca di Dante che a un certo punto dice una cosa: “Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria“. Noi ci accingiamo ad assistere ad un altro Mondiale da spettatori e quindi siamo un po’ tutti Francesca.