In questi giorni i sondaggi diffusi da più giornali segnalano che Italexit, il partito di Gianluigi Paragone, sta crescendo vistosamente nei consensi, addirittura superando il 4%. I quotidiani nazionali lo segnalano controvoglia, con quell’aria palesemente infastidita, propria di chi vede intorno a sé crescere il dissenso rispetto al mondo di cui è protagonista, da cui apertamente trae ogni sorta di beneficio. La notizia della crescita dei consensi del partito di Paragone è da accogliersi con giubilo, sia chiaro, dacché essa segnala che sta maturando incontenibile il dissenso rispetto all’ordine egemonico del liberismo cosmopolita o, se preferite del nichilismo liberale progressista. Due sono, invero, i capisaldi del discorso politico che Paragone, con impegno e serietà, conduce da anni. In primis, l’opposizione alla gabbia dell’eurocrazia, tema che, proprio grazie al Paragone giornalista, è divenuto già da tempo nodale nel dibattito pubblico, a tal punto da essere discusso non solo in consessi di accademici, principalmente economisti e politologi, ma in ogni ambito politico della società civile. In secundis, la posizione caratterizzante di Paragone in questi anni è stata l’opposizione fermissima al leviatano tecno-sanitario, ossia l’ordine terapeutico che trova nei confinamenti coatti e nell’infame tessera verde il proprio ubi consistam.

Occorre allora oggi, più che mai, strutturare un fronte del dissenso e della pugnace difesa della sovranità democratica nazionale. Un fronte che, con Paragone, faccia interagire tutte le forze serie e organizzate, che per una via o per un’altra siano giunte alla rivendicata opposizione rispetto all’ordine della globalizzazione capitalistica e del neoliberismo cosmopolita. Non si tratta, naturalmente, di creare una sorta di ‘Armata Brancaleone’ di chi sta dalla parte opposta rispetto a quella dominante. Come si usa dire ‘quando c’è un incendio bisogna spegnerlo, senza curarsi del pompiere accanto a noi e della sua identità certamente’. Tuttavia, consiglio sempre di controllare che nel secchio che ci passa il pompiere accanto a noi vi sia dell’acqua e non della benzina. Fuor di metafora, occorre fare sì un fronte unitario del dissenso, ma che abbia certe caratteristiche e che sia molto attento nella selezione di coloro i quali possono entrare a far parte di suddetto fronte.

Il fatto che l’ordine mainstream si accanisca palesemente contro il movimento di Gianluigi Paragone, riservandogli le solite categorie demenziali, ancor più che diffamanti, proprie della neolingua, è una spia che segnala che Paragone è dalla parte giusta; è una spia che ci segnala che Paragone sta facendo un ottimo lavoro, con buona pace anche di coloro che dovrebbero dialogare con lui e che invece, con atteggiamento a cavaliere tra infantilismo politico ed egocentrismo paranoico, attaccano Paragone. Si scagliano palesemente contro di lui, riversandogli loro risibili strali. Con ciò costoro rivelano soltanto la loro pochezza politica e la loro inadeguatezza. ‘Il loro essere, direbbe Hegel, polvere sugli stivali della storia’. Il vero compito del politico non è rovesciare la scacchiera e scagliarsi in modo infantile e rodomontesco contro il politico che sta riuscendo ad affermare una giusta opposizione all’ordine dominante. ‘Il vero compito del politico è quello di creare una splendida tessitura’, citando il Platone del ‘Politico’. Una splendida tessitura che raccordi tra loro le forze serie che sono giunte al dissenso. ‘Raccordare’, si badi, non vuol dire subordinare e svuotare, né significa ancora cancellare le differenze e le prospettive.

Al contrario, ‘raccordare’ significa semplicemente creare un fronte plurale strutturato, una totalità differenziata, ove si strutturi, pur nelle legittime differenze, un’opposizione unitaria. Che si strutturi, cioè, intorno al comune obiettivo dell’opposizione a un nemico che continua a vincere proprio grazie alla divisione di chi dovrebbe unitamente contrastarlo. Questo deve essere l’obiettivo fondamentale: unire ciò che può stare insieme, dividendolo da ciò che insieme non può stare, per creare dunque un fronte che, pur nelle differenze, faccia valere un’unità di opposizione rispetto al nemico, in questo caso il liberismo cosmopolita, che in Italia si incarna in Mario Draghi e nella sua corte di partiti e partitini di centrodestra e centrosinistra, che di fatto, in forma fintamente plurale, ribadiscono il medesimo, il trionfo incontrastato del mercato unico e dell’atlantismo ovunque imperante.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro