Era il 22 marzo del 2020 quando giunse all’aeroporto di Pratica di Mare 104 militari russi. La missione di Mosca, finita sotto la lente del Copasir, aveva lo scopo di sostenere l’Italia nella lotta al Covid. In quel frangente, come rileva la trasmissione Report, il convoglio russo riuscì a concludere una accordo con lo Spallanzani per lo studio del Covid dando in mano ai russi il virus vivo.
Tale accordo fu tenuto all’oscuro, come spiega Sigfrido Ranucci, della maggior parte dei dirigenti dello Spallanzani. Il virus servì alla Russia per poter sviluppare, attraverso l’Istituto di ricerca di proprietà dello Stato, un vaccino in tempi rapidi. A colpire Ranucci è la gratuità dell’accordo, un contratto privo delle necessarie garanzie sulle eventuali royalties del vaccino russo.
L’inchiesta esclusiva di Sigfrido Ranucci
“Abbiamo un documento che prova che l’allora direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, ha messo a disposizione gratis il virus vivo ad un Istituto russo per costruire il vaccino. La possibilità di fare il vaccino prima degli altri gliela abbiamo data noi. L’obiettivo doveva essere una collaborazione scientifica ma le ambiguità ci sono state nelle modalità del contratto, cioè la gratuità. Ricordiamo che questo istituto russo, controllato dallo Stato, ha poi prodotto un suo vaccino ed è stato commercializzato, ma le royalties all’Italia non si sono viste. Questo accordo inoltre era stato tenuto all’oscuro di gran parte dei dirigenti dello Spallanzani“.