Bisogna se non altro ammetterlo apertamente. Alludo al fatto che il caso Assange mette a nudo l’ipocrisia sfacciata dell’Occidente liberal-nichilista. L’Occidente, che fa sempre vanto di sé come civiltà del rispetto e della tolleranza, dell’apertura e del dialogo, condanna poi senza pietà chiunque realmente dissenta: tale è il caso di Assange, colpevole di aver smascherato l’ipocrisia e la falsità dell’Occidente a trazione atlantista. Più precisamente, Assange ha smascherato al mondo intero la falsità dell’imperialismo statunitense, gli orrori che esso ha generato ovunque si sia espanso.

Prima di ripetere il logoro ritornello “vedete come trattano giornalisti e intellettuali in Cina e in Russia!”, pensate seriamente al caso Assange: l’Occidente atlantista non è meglio di quelle realtà, semplicemente è più ipocrita rispetto a quelle realtà. La vicenda di Assange ne è la prova lampante: essa dimostra in maniera inconfutabile la falsità e l’ipocrisia di un Occidente a trazione atlantista, ormai da tempo sede della globalizzazione forzata dell’intero pianeta.

La civiltà dello spettacolo occidentale accetta e valorizza il dissenso, solo se esso sia un dissenso pilotato e già da sempre organico alla tenuta del sistema. Abbiamo allora a che fare con la figura della critica conservatrice, ossia di quelle figure di intellettuali e di partiti, di giornalisti e di pensatori che sono all’apparenza critici e dissenzienti, ma che poi in realtà sono un altro modo di darsi e di dirsi del consenso rispetto alla civiltà del mercato. Ne abbiamo a iosa di esempi siffatti, di finti intellettuali dissidenti, di fustigatori solo apparenti del presente. Assange rappresenta un vero caso di dissenso, non organico al potere che infatti solo lo combatte nei modi che abbiamo sperimentato e conosciuto. Ove si dia un dissenso autentico, in grado di smascherare la falsità del sistema, ecco che l’Occidente dell’arcobaleno non esita a violare ogni possibile diritto umano, come è suffragato dal caso di Assange.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro