Dai colloqui di pace svoltisi tra la Russia e l’Ucraina nelle ore scorse affiora inconfondibilmente un punto: il possibile accordo si fonda su ciò che, a ben vedere, la Russia chiede da ben otto anni, vale a dire la neutralità dell’Ucraina rispetto alla Nato. Ora anche l’Ucraina sta finalmente riconoscendo la legittimità di tale richiesta, almeno così pare. E si dice – per ora – disposta ad accettare la richiesta russa, dunque ad ammettere apertamente la propria neutralità rispetto alla Nato.

Sicché sembra che la pace sia finalmente vicina, e ciò non può che essere un bene da accogliersi con giubilo. Per inciso e per onestà, occorre segnalare che la mossa di Mosca di ritirare una parte delle sue forze da Kiev segnala una svolta decisiva. Ed è la prova provante del fatto che la guerra condotta dalla Russia in Ucraina non mira all’annichilimento o all’occupazione, bensì alla pressione finalizzata a fare sì che sia rispettato, appunto, ciò che la Russia stessa va chiedendo da otto anni. Ciò che ha chiesto dapprima a Poroshenko e poi al guitto in vitro prodotto a Washington Zelensky (oltreché, ça va sans dire, alla Nato stessa). Tra l’altro, Mosca ha precisato che se questa richiesta sarà soddisfatta e se dunque l’Ucraina si terrà neutrale rispetto alla Nato (e non avrà basi militari statunitensi nel proprio territorio di conseguenza), allora la Russia stessa non si opporrà neppure al possibile ingresso dell’Ucraina nella UE. Con ciò, peraltro, crolla la ridicola accusa tanto ventilata in questi giorni e vero asylum ignorantiae, secondo cui Mosca starebbe progettando l’invasione dell’Europa tutta.

C’è però un problema e si chiama America: Joe Biden non cerca la pace e anzi vede come una manna dal cielo la situazione che si è prodotta in Ucraina con la guerra scoppiata sul punto essenziale. Più precisamente, l’arcobalenico vegliardo Biden ravvisa la condizione di possibilità per un atteso redde rationem con la Russia. Ossia per uno scontro militare: solo così si spiega il poco diplomatico lessico che sta impiegando, appellando Putin ora “macellaio”, ora “dittatore”. Qui e non altrove è ora il nodo da risolvere: dipenderà dal contegno dell’America se la guerra proseguirà e potrà sfociare – speriamo ovviamente di no – in una guerra mondiale. Qui capiremo cosa realmente vuole.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro