In più occasioni ci siamo domandati seriamente che tipo di società sia ancora quella che per decreto legge ha stabilito l’abolizione del prossimo, la soppressione degli spazi pubblici e la sparizione dei volti, coperti dietro dispositivi che servono, si dice, a proteggere la salute e che concretamente producono lo sfaldamento di ogni possibile relazione sociale.
Voglio soprattutto soffermarmi sulla questione del volto coperto e più precisamente sulla stessa sparizione del sorriso che essa determina.

Unico tra tutti gli animali, l’uomo è capace di sorridere. Il sorriso è la base stessa di ogni relazione sociale possibile, dacché pone in essere le premesse di un contatto non ostile ma potenzialmente amichevole, passibile dunque di sviluppi che possano spaziare dalla relazione sentimentale a quella amicale, fino al nesso politico. La comunità politica non è altro se non uno spazio di donne e uomini che si relazionano, riconoscendosi e abbandonando ogni ostilità reciproca.

Ma cosa resta di una società senza sorrisi? Come può scaturire ancora il legame sociale ove manchi il sorriso come premessa di ogni relazione possibile? Dicono gli antropologi che il sorriso è il modo con cui l’uomo esibisce i propri denti, ma non per fini aggressivi. Soltanto l’uomo sorridendo esibisce i propri denti, ma non per fini aggressivi, bensì per dimostrare la propria volontà di creare relazioni pacifiche, amicali, sentimentali.

Insomma, la società ha come presupposto basico l’amicizia. E l’amicizia parte sempre da un sorriso, come segnale di una relazione possibile di tipo non ostile. Ecco perché una società senza sorriso si condanna non solo alla grigia coesistenza in uno spazio sociale rarefatto, di atomi distanziati, che col volto coperto e col sorriso negato segnalano gli uni agli altri l’essere pericolo gli uni per gli altri. Amare il prossimo significa già da tempo tenerlo a distanza e dunque escluderlo da ogni possibile relazione in presenza. Ma poi con l’abolizione del sorriso sparisce anche la possibilità stessa della creazione di nuovi legami sociali, dacché in assenza del sorriso non possiamo mai comprendere quali realmente siano le intenzioni dell’altro nei nostri confronti. E anzi il fatto che egli abbia il volto coperto da un dispositivo che ci segnala la persistenza dell’emergenza e che in pari tempo ci segnala il fatto che noi e l’altro siamo in una relazione di reciproco danno possibile, su queste basi non può fiorire alcun tipo di relazione.

Ecco perché l’abolizione del sorriso sembra essere un passaggio necessario per la nuova società distopica e dispotica che sta prendendo forma dietro l’emergenza permanente.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro