Affermo che la cultura economica dovrebbe togliere ogni indugio e segnare una netta linea di demarcazione e una presa di distanza ufficiale dal pensiero neoliberista imperante. Io chiedo che si abbracci l’economia umanistica poiché occorre sostituire i dei pagani dei mercati e delle borse con la centralità dei bisogni dell’uomo e non più del capitale.

Occorre questo gesto di coraggio se si vuole davvero un senso in terra a quella parola che Gesù interpretava così umanamente, si tratta cioè di riportare in ambito economico il piano morale, sostituendo la parola efficienza con quella antica e vitale che si chiama semplicemente giustizia.

Questa è la chiusura di un ciclo di riflessioni sull’economia umanistica. In sostanza io ritengo che si debba smettere di pensare che l’economia capitalistica sia l’unica possibile, si deve rompere ogni indugio e prendere una distanza ufficiale dal pensiero imperante neoliberista, perché ha fatto il suo tempo e i suoi danni, perché ha creato i poveri, perché ha creato la disparità di trattamento tra poveri e ricchi, perché ha creato il disagio sociale, la perdita dei diritti del lavoro e la povertà, il fatto che i giovani non hanno più una loro dimensione di vita, mentre i vecchi hanno delle pensioni sempre più risicate e servizi sempre più modesti.

Questo gesto di coraggio serve per cominciare a cambiare nuovamente la centralità dell’economia, mettere l’uomo al centro dell’economia e la giustizia distributiva al poste dell’efficienza per quelli che fino ad oggi hanno governato.

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi