Sui limiti del vaccino ora arrivano anche le conferme dei diretti interessati. Le parole del CEO di Pfizer Bourla, nel corso di un intervento ai microfoni di un noto canale finanziario, ha rilasciato delle dichiarazioni che aprono scenari di estrema incertezza sulla reale consistenza del siero di fatto imposto dai vertici governativi italiani negli ultimi provvedimenti resi noti.

Sappiamo che due dosi di vaccino – ha dichiarato Bourla offrono una protezione estremamente limitata, forse nessuna. Le tre dosi con un richiamo offrono una protezione ragionevole contro l’ospedalizzazione ed il decesso ma meno protezione contro l’infezione“.

Tutto ciò che ha detto il capo della Pfizer per me – ha sottolineato Ilario Di Giovambattista – è gravissimo e dovrebbe indurre il Governo italiano a tornare indietro sulla storia dell’obbligatorietà della vaccinazione. Questo è il mio pensiero. Gli over 50, che voi state obbligando a vaccinare, si ricorderanno molto bene nel 2023 di quali pressioni psicologiche stanno soffrendo. State obbligando le persone ad assumere quello che si chiama vaccino ma che, come spiegato dallo stesso Bourla, non può essere chiamato tale. La prima e la seconda dose sono praticamente acqua fresca. Con la terza si ottengono risultati ragionevoli su ospedalizzazioni e decessi, ma non sulle infezioni“.

L’intervento del Professor Enrico Michetti

La pericolosa deriva della scienza

Quello che mi preoccupa molto è che la scienza, per chiamarsi tale, dovrebbe avere una rispondenza univoca. Questo è l’ennesimo pronunciamento che per l’ennesima volta si discosta da quanto era stato detto dalla presunta scienza qualche giorno prima. Quindi una scienza che muta nell’arco di qualche ora non è tale. La scienza è quando una formula, che è il risultato dello studio di un fenomeno, si cristallizza e diventa inconfutabile. Questa mi preoccupa molto. Dinanzi a questa esagerata proposizione di tesi discordanti dare delle direttive così frustranti, che impongono addirittura l’obbligo, trovo il contesto attuale molto pericoloso“.

Quel filo sottile tra obbligo vaccinale e dittatura

L’obbligatorietà, prevista dall’articolo 32 della Costituzione, è una obbligatorietà mitigata dall’ultimo comma che presuppone il pieno rispetto della persona. Il discorso attuale è questo: o ti vaccini o stai al di fuori della società. Questo non è possibile. La prescrizione ostativa non deve essere di carattere punitivo. Le limitazioni devono essere correlate al rischio che si corre, non deve essere una estorsione della propria libertà di pensiero altrimenti saremmo in una dittatura. La dittatura ha il potere decisionale sul corpo di una persona“.

In democrazia le minoranze andrebbero tutelate e contemplate

Nella democrazia c’è il cosiddetto consenso. Se non c’è il consenso il trattamento non lo puoi eseguire. Qui invece ci troviamo in una situazione per la quale almeno alcuni comunicatori dicono: ‘Renderemo la vita difficile a questi soggetti che sono pericolosi’. Ma un soggetto che la pensa diversamente da te non è pericoloso, è un dissenziente. Le minoranze nella democrazia vanno contemplate. Questo farmaco non può entrare come fosse un protocollo. Perché quando venne redatta la costituzione alcuni volevano inserire accanto alla parola salute la parola igiene. In quel periodo il dibattito era molto forte sul corpo della persona. Nelle dittature la sanità poteva fare qualsiasi tipo di esperimento sul corpo umano. Oggi non è più così. Come si fa ad imporre un trattamento coatto a persone sane? La coercizione non può albergare. L’obbligo non significa che quel comportamento che tu non adotti è un comportamento contro la legge“.

Domina un clima di isteria collettiva

La Corte Costituzionale dice che non ci può essere un diritto tirannico, ossia che uccida un altro diritto fondamentale. Significa che la salute non può opprimere il lavoro e non può opprimere la libertà. Anzi, queste cose devono convivere armonicamente. L’obbligatorietà è l’eccezione estrema, e non mi sembra ci siano i presupposti di una eccezione estrema. La persona umana deve continuare a vivere nel contesto sociale, politico ed economico. C’è un clima di isteria collettiva“.