Siamo convinti che determinati episodi abbia senso segnalarli soprattutto quando non risultano decisivi, perché il concetto diviene assoluto, liberato dalle contingenze. Tantissimi indizi e più d’una prova, dunque. Ancora Zaniolo, ancora un fallo da rigore – ma più evidente dei precedenti – e di nuovo un arbitro che si mostra intransigente e ducesco nel fronteggiare le rimostranze del giocatore. Giocatore non casuale, ma importante e per tanti versi straordinario: per l’età che aveva quando è esploso, per il potenziale che ha, per gli infortuni che lo hanno perseguitato e perché viene considerato un patrimonio del calcio italiano presente e futuro, come insegna Roberto Mancini.

A parole, però; perché se ci fosse un comportamento conseguente e coerente rispetto a questo proclama, quantomeno verrebbe tutelato un poco di più quando subisce certe entrate e certe intimidazioni; i direttori di gara non lo affronterebbero – AFFRONTEREBBERO – come se si trattasse sempre di un bulletto viziato da contenere, da ricondurre a più miti consigli. Francamente è insopportabile anche da spettatori neutrali ed è un discorso che faremmo anche se vestisse la maglia del Genoa o del Bologna, della Sampdoria, della Fiorentina. Non abbiamo bisogno di annoverare altre maglie in particolare, nell’esempio.

Tornando a ieri pomeriggio, poi, il fallo da rigore appare evidente, indiscutibile, a maggior ragione dopo aver visto quello concesso al “Maradona” in Napoli – Salernitana.

Paolo Marcacci