Oltre al dibattito sulla natura più o meno sperimentale delle sostanze che continuano a essere inoculate senza indugi, un altro tema su cui bisognerebbe porre maggiore luce è sulle modalità con le quali la sperimentazione viene portata avanti. La scarsissima trasparenza sui dati dovrebbe indurre in modo quasi naturale a interrogarsi sulla reale efficacia dei prodotti somministrati. Un fatto su tutti: l’agenzia del farmaco degli Stati Uniti, Fda – Food and drug administration ha chiesto di rilasciare i dati della ricerca condotta da Pfizer nel 2076. La richiesta pervenuta ai giudici è sorta dopo la volontà di oltre trenta professori e scienziati di università tra cui Yale, Harvard, Ucla e Brown di avere accesso ai numeri del primo siero messo sul mercato in ordine temporale.

Da questo caso citato in breve, così come da altri numerosi accadimenti dei mesi passati, è possibile notare storture nella narrazione dominante. Dubitare è lecito, in special modo quando si approfondisce un tema così delicato. Dalla fase di sperimentazione, tuttora in corso, provengono i veri punti di domanda. Prendendo come riferimento ancora il caso Pfizer alcune riflessioni sono state effettuate in diretta dal professor Giovanni Frajese, che ha posto sotto la lente di ingrandimento le operazioni fatte durante lo studio clinico tra il gruppo degli inoculati e il gruppo di controllo col placebo.

Ecco l’intervento del Prof. Frajese insieme a Fabio Duranti, con Francesco Vergovich a Un Giorno Speciale.

Uno spera sempre che tutto vada bene e non ci siano problemi. Però la vita insegna che non tutto va esattamente come programmato. In questa storia la frase ‘Correte a vaccinarvi’ l’ho sentita dall’inizio a oggi. A 49 anni posso dire che ogni volta che ho avuto fretta nella vita non sono riuscito a ottenere il risultato migliore. Ci vuole calma, lucidità e razionalità. Capisco che la paura, sotto il profilo del controllo della popolazione, abbia dei vantaggi. Però dopo due anni di paura mi verrebbe da dire: ma anche basta. Adesso c’è la corsa a vaccinare i figli dai 5 agli 11 anni. Le notizie che vengono date devono essere chiare, precise, veritiere.

Se c’è una sperimentazione in corso i dati vengono rilasciati man mano. Questo è accaduto ad esempio per Pfizer. In un primo momento hanno fatto le prime pubblicazioni con i dati dei primi due mesi di efficacia per poi rifarla a sei mesi. Dovrebbe quindi esserci un file dove c’è tutta la sperimentazione conclusa a disposizione della scienza per esaminarla e comprenderne i limiti. Pfizer tra l’altro ha una richiesta di Freedom of Information Act, hanno chiesto al giudice di dare i dati della ricerca prima nel 2076 e ora programmata intorno al 2090. In scienza se non mi date i dati diventa difficile comprendere come stanno le cose. La trasparenza deve iniziare da tutte le parti. Queste informazioni vengono conservate da FDA e dalla casa farmaceutica. Personalmente non so se l’Ema o l’Aifa hanno a disposizione i dati ‘raw’, non preparati dalla stessa farmaceutica.

Se io, su un vaccino che dovrebbe dare immunizzazione verso una patologia, faccio uno studio clinico iniziale di due mesi e osservo i dati sto guardando le informazioni dei due mesi. Nel caso del Pfizer era nella percentuale del 95% di efficacia relativa al placebo. Cioè il vaccino è per il 95% più efficace della salina. Per incontrare il virus con una statistica significativa deve passare un certo periodo di tempo. Ad esempio in un anno c’è la concreta possibilità di contrarlo e, quindi, il dato diventa interessante. In soli due mesi la problematica è diversa. Successivamente la Pfizer ci ha avvisato di aver mischiato il gruppo di controllo col placebo ed il gruppo dei vaccini. Dunque la sperimentazione va avanti ma in realtà il gruppo di controllo non esiste più perché è stato cancellato. I dati saranno allora inutili“.