Da agosto, Sigfrido Ranucci è costretto a vivere sotto scorta. Il giornalista e conduttore di Report, da sempre a capo di inchieste ‘scomode’ per qualcuno, ha subito minacce importanti da parte di personalità legate al narcotraffico gestito dalla Ndrangheta, come ha raccontato lui stesso. Una situazione che ha reso necessario un intervento da parte delle forze dell’ordine e delle autorità, che hanno deciso di affidargli una scorta.

Quanto accaduto ha scosso profondamente la vita del giornalista, per quanto riguarda la propria quotidianità ma non solo. Si è resa necessaria, infatti, una riflessione su quanto sia difficile – al giorno d’oggi – svolgere un servizio di comunicazione corretto e senza influenze esterne. La scorta che lo segue 24 ore su 24 difende il vicedirettore di Rai 3 da un “buontempone” – così lo ha definito il conduttore – che dal carcere avrebbe assoldato due killer stranieri (“forse albanesi”) per farlo fuori. E non sarebbe neanche la sua prima volta in materia di minacce di morte.
A commentare il fattaccio è stato lo stesso Ranucci a ‘Un Giorno Speciale’. Sentite cosa ha detto a Fabio Duranti e Francesco Vergovich.

Scorta

“Ho avuto l’immediata solidarietà dell’azienda, la vicinanza dell’amministratore delegato Fuortes. E poi ho alle spalle un’azienda di Stato, lo Stato che mi tutela. Lo spirito nobile della scorta è quello di farti continuare il lavoro che fai. Io sono tranquillo, continuiamo a fare il nostro lavoro come sempre e poi poco male se un po’ di privacy se ne va in cantina. Continuo a pensare che il problema della libertà di stampa sia nelle querele, nelle richieste di risarcimento danni, sulla legge in Senato sulle liti temerarie. Io penso al bene comune delle piccole realtà locali, nei blog, che subiscono pressioni incredibili con richieste di risarcimento che i piccoli editori non possono sostenere. Ci sono minacce che costituiscono pressioni enormi per i giornalisti che vengono pagati davvero poco. Difficilissimo mantenere la schiena dritta”.

Giornalismo d’inchiesta

“Mi preoccupa moltissimo l’accerchiamento che abbiamo visto in questi mesi, il tentativo di colpire le fonti giornalistiche. Abbiamo avuto a Report richieste di accedere ad informazioni che abbiamo avuto per alcune inchieste. È un fatto gravissimo e spero che lo Stato resista a questo tentativo di estorsione della libertà di stampa. Un Paese democratico che non ha una stampa libera è come una macchina che gira e funziona senza certificato di garanzia. La segretezza delle fonti per il giornalismo d’inchiesta è fondamentale. Noi riceviamo segnalazioni da vari personaggi del pubblico che ci segue o da persone molto legate alle istituzioni: ma se domani qualcuno sapesse che noi rendiamo pubbliche queste informazioni, non ci manderebbe più niente”.

Report

“Informeremo e faremo il nostro indipendentemente dal contesto. Noi quando abbiamo un’informazione sentiamo il dovere di darla”.