Leggiamo in questi giorni tra le tante notizie che si succedono rapidamente anche del rincaro spropositato che si dovrà registrare prossimamente per quel che riguarda soprattutto l’elettricità. In particolare Cingolani ha specificato che per quel che riguarda le bollette il prossimo trimestre sarà caratterizzato da un rincaro del 40% sull’elettricità. Senza maxi esborso del governo i rincari li pagheranno i consumatori, viene specificato. Benvenuti nel disordinato ordine del turbocapitalismo globale! Un disordinato ordine nel quale regna un groviglio inestricabile di contraddizione e miserie, di sfruttamento e crudeltà.
In altri tempi ne sarebbero scaturite 10 rivoluzioni come quella francese e 15 come quella russa. Oggi invece si sopporta con resilienza, la parola preferita dal padronato cosmopolitico. Non deve stupire a questo riguardo il fatto che già da tempo il ricco arsenale delle categorie politiche della rivoluzione siano tutte evaporate e siano state sostituite da quella resilienza che è divenuta già da tempo una parola “al potere” come ha scritto Stefano Bartezzaghi ma anche una parola del potere come mi permetto di ricordare apertamente. Di resilienza parla apertamente Klaus Schwab nel suo libro sul Covid-19. Non obliamo neppure il fatto che è stato l’ex Goldman Sachs ed ex governatore della BCE, l’euroinomane Mario Draghi, a presentare non molto tempo addietro il piano per la resilienza e la ripresa nazionale.
Insomma di fronte alle storture e alle ingiustizie che sempre più numerose popolano il mondo si chiede ai gruppi dominati non certo di percorrere la poco ortodossa via della rivoluzione e della contestazione, vuoi anche della prassi soggettiva che modifica l’oggetto dato. Si chiede loro invece di essere resilienti, di sopportare il colpo come i metalli. Non dimentichiamo che il termine resilienza è mutato dall’ambito metallurgico di sopportare ogni colpo, ogni trauma lavorando su se stessi. Se il resistente e il rivoluzionario agivano sul mondo per trasformarlo, il resiliente lavora su se stesso per rendersi adattivo rispetto all’ordine delle cose. Trasforma le contraddizioni obiettive in disagi soggettivi. Se egli soffre non è certo per via di contraddizioni date ma per la sua non ancora avvenuta con l’ordine delle cose.
Insomma la resilienza è il modo con cui parafrasando Ulrich Beck ci viene chiesto quotidianamente di dare soluzioni biografiche a contraddizioni sistemiche: cambiate la vostra vita e sopportate il mondo, recita quotidianamente l’ontologia della resilienza che è poi quella neoliberale. Dunque al cospetto delle sempre più visibili e intollerabili contraddizioni che popolano un mondo, il nostro, a forma di merce, ci viene chiesto quotidianamente di accettare di buon grado e lavorare su noi stessi. Se soffriamo è infatti per via di nostri disagi interiori non certo per una realtà insostenibile. Dovremmo dire a maggior ragione parafrasando Gramsci che odiamo i resilienti. I resilienti sono coloro i quali si disimpegnano e lasciano essere tutto così come è. Abbiamo bisogno invece di riscoprire contro la passione triste della resilienza le virtù eroiche della resistenza e della rivoluzione.
RadioAttività lampi del pensiero con Diego Fusaro