Una cosa su tutte è certa, giacché è una costante della storia umana: il potere non concede diritti e libertà, né è pronto a restituire quelli che, per una ragione o per un’altra, è riuscito a sequestrare. Ciò significa che la variegata galassia dei diritti soppressi e delle libertà compresse in nome dell’emergenza sanitaria potranno soltanto essere riconquistati dal basso, in dem Kampf (“nella lotta”) direbbe Hegel, per il tramite delle lotte della società civile e dei gruppi dominati.

Mi sia, allora, consentito portare un esempio soltanto, tra i tanti disponibili. Così ha cinguettato, sul proprio profilo Twitter, in data 29 aprile 2021, il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, sul tema del pass vaccinale: “Si tratta di un passo importante per ripristinare la libertà di movimento”.
Ripristinare la libertà di movimento. Non sfugga la violenza ricattatoria di questa formula, apparentemente innocente. La libertà di movimento non è una concessione che qualcuno, dall’alto, può donare e poi magari, all’occorrenza, revocare. La libertà di movimento è un diritto fondamentale, riconosciuto dalla Costituzione italiana all’articolo 16.

Non è dunque, con buona pace di Sassoli, una concessione o un beneficio che possa essere a piacimento sospeso e ripristinato, magari dietro il ricatto del pass vaccinale.
Le inqualificabili parole di Sassoli, lungi dall’essere un caso isolato e sporadico, rappresentano appieno l’essenza del potere e della sua meccanica: esso tende a far apparire come concessioni e privilegi quelli che sono, in verità, diritti fondamentali e indisponibili: diritti in nome dei quali, di fronte a un potere che osi sopprimerli e sospenderli, opporsi è non solo possibile ma, di più, doveroso.
Ancora una volta, la demistificazione dell’ideologia dominante costituisce la base ineludibile per compiere l’esodo dal lockdown cognitivo generalizzato e, ancor prima, per organizzare una soggettività antagonistica che, respingendo le mappe dei gruppi dominanti, rivendichi in ogni maniera l’indisponibilità dei diritti e delle libertà e si organizza per il recupero di quelli che sono stati sequestrati in nome del paradigma biosecuritario.

Il primo gesto da compiere sta nella decostruzione della narrazione, astrattamente scientifica e concretamente ideologica, che presenta la compressione dei diritti e delle libertà, nonché la riorganizzazione dell’economia, della politica e della società nella forma del new normal, come se si trattasse di una semplice cura, scientificamente necessaria, di risposta all’epidemia. Si tratta invece, è bene saperlo, di una terapia controriformista gestita dai gruppi dominanti e dal loro utilizzo dell’emergenza epidemiologica. Occorre squarciare il velo mistificante dell’ideologia: non si tratta di contestare, come pure fanno taluni soggetti acefali, l’esistenza del virus; si tratta, invece, di contestare il presupposto secondo cui, per un virus, sarebbe lecito sopprimere le libertà e i diritti costituzionali, mandando in rovina chi, per vivere, deve poter lavorare.

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