Il “timbro” che certifica il ridimensionamento definitivo degli obiettivi è arrivato nella serata più importante di questo finale di stagione. È anche giusto così, dopo uno scontro diretto che offre una sentenza spietata nelle proporzioni ma tutt’altro che iniqua. Perché la Juventus ha dato sin da subito la sensazione di essere “poca” per quanto riguarda agonismo e pericolosità, quindi ha finito risultando nulla, ovvero totalmente in balìa del Milan, al quale è stato sufficiente disputare una gara attenta e cinica, nel senso filosofico del termine.
 
Al di là di uno scontro diretto che, in ogni caso, lascia una scia spessa di frustrazione, la Juventus non dovrebbe sentirsi sconfitta tanto dal tabellino, quanto dai contenuti di una partita che per i bianconeri non è mai cominciata, a conti fatti. 

Ronaldo – mai così evanescente – e compagni hanno balbettato calcio all’inizio, per poi finire annichiliti dalla consapevolezza del Milan di essere superiore: il risultato non è dunque clamoroso, come hanno banalmente detto in troppi; è invece sostanzioso, anche nell’ottica del doppio confronto che ora nel computo totale premia gli uomini di Pioli, il quale comincia a vedere un traguardo che all’inizio della stagione non era considerato raggiungibile. 

La colpa principale di questo campionato dei bianconeri consiste nel non aver mai dato la sensazione che la squadra sia approdata a una fisionomia riconoscibile. Le colpe di Pirlo sono ovvie, ma non sono le principali: le responsabilità maggiori sono sulla scrivania di Andrea Agnelli, tra un documento ufficiale dell’ECA e uno ufficioso della Superlega.

Paolo Marcacci