Hanno fatto e continuano a far discutere diffusamente le scene surreali che si sono registrate sui Navigli a Milano. Scene che mostrano momenti di movida incontenibile, quasi trasgressiva e senza alcuna limitazione.

Una gioventù che fino a qualche tempo prima era stata esaltata in quanto generazione Erasmus, dello sconfinamento e dell’espatrio, del godimento secondo il motto del “life is now”. E poi quella stessa generazione, in un batter di ciglio si è trovata ad essere demonizzata, criminalizzata proprio perché desiderava fare ciò che aveva fino a quel momento fatto.

I Navigli sono diventati l’immagine perfetta di quella vita che non poteva più essere fatta. Ora tornano nell’occhio del ciclone per via del rave party con rissa alla Darsena. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha preso posizione severamente, dicendo di stare con le forze dell’ordine e che le conseguenze ricadranno su tutti.

Diciamolo in una frase condensata: misure estreme e liberticide generano reazioni che sono esse stesse assurde ed estreme. I lockdown generano esasperazione ed esplosioni di follia, nell’individuo come nella società. Non prendetevela allora con quei ragazzi e con la loro follia che non è certo giustificabile. Prendetevela però con chi ha condotto i giovani a quella follia, negando loro il diritto alla vita nell’atto stesso con cui prometteva di proteggerli.

Se davvero non si fosse imposto il regime terapeutico, se davvero non si fosse condannata di nuovo la Lombardia a passare all’arancione dell’emergenza, credete davvero che si sarebbero prodotte quelle scene sui Navigli? Si può davvero pensare di rinchiudere la gioventù agli arresti domiciliari a tempo indeterminato? E’ davvero questa la vita che vogliamo garantire alle nuove generazioni?

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro