C’è un motivo se il primo intervento di ogni Premier davanti al Parlamento viene chiamata dichiarazione programmatica. Vale anche per Mario Draghi, che una settimana fa si è presentato prima al Senato e poi alla Camera, elencando per sommi capi i punti del programma del Governo che presiede. Tra le esternazioni del banchiere non è mancata anche una puntualizzazione velenosa sul rapporto con l’Europa: “Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa”. Queste le esatte parole pronunciate da Draghi, nell’ambito del discorso che la prassi vuole che sia l’illustrazione ufficiale del progetto che intende portare avanti.

Un concetto nel suo discorso di apertura che il professor Enrico Michetti ha giudicato “non casuale”. Il perché lo ha spiegato in diretta ai microfoni di Fabio Duranti e Francesco Vergovich. Ecco l’intervento del Prof. Michetti a “Un giorno speciale”.

“Non a caso, nel discorso di apertura di questo nuovo Governo Draghi ha parlato di cessione di sovranità. Il termine sovranità richiama un concetto costituzionale e uno monetario. Nella Costituzione c’è scritto che la sovranità appartiene al popolo, proprio per voler dire che quel sovrano non esiste più. Esiste il popolo e nessuno è sovraordinato al popolo. E quindi il concetto è totalmente diverso.

Non deve esserci una cessione di sovranità, ma una sussidiarietà attenta. Sia essa orizzontale o verticale. Quando c’è una cessione di sovranità c’è uno scambio, siamo in un regime mercantile. Quando si parla di sussidiarietà c’è organizzazione. Diciamolo chiaramente: quella parola, cessione di sovranità, è mal posta. Forse perché lui non è un politico, forse perché lui non è avvezzo alla sussidiarietà ed è più incline al sistema finanziario-monetario, piuttosto che a quello politico, sociale, di un’economia reale.

Tecnicamente è un’anomalia perché il ruolo del Presidente del Consiglio discende da una visione politica. Quello dovrebbe essere il ruolo ricoperto da un politico che dovrebbe avere anche la legittimazione popolare. Sul programma da attuare ci dovrebbe essere una legittimazione popolare. Che ci vada un banchiere, che ci vada un imprenditore, che ci vada un soggetto esterno alla politica, è sempre un’anomalia. Mettere un ruolo tecnico al centro del sistema è una sciocchezza”.