Finalmente dopo mesi sono tornato al cinema. Devo dire che la scelta dell’arena, un po’ scomoda sinceramente, è stata premiata. “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti e interpretato dalla màschera di Elio Germano è un bel film.

Il regista bolognese mette a fuoco con sincera poesia il dolore e l’arte di Antonio Ligabue. Pittore e scultore vissuto nell’arco dei primi 65 anni del novecento. Antonio Costa (cognome preso dalla madre emigrante italiana) nasce a Zurigo nel 1899. Iscritto in seguito all’anagrafe come Antonio Laccabue (dal cognome del patrigno) fu cambiato in Ligabue dallo stesso artista.

Un’infanzia difficile passata in adozione in Svizzera, senza amore e con diversi problemi di salute, lontano dalla famiglia anche se emarginata, lo segna per sempre nel fisico e nella mente. Antonio attraversa un’adolescenza rabbiosa e spesso aggressiva. Fu rinchiuso addirittura in manicomio, fino ad approdare nel 1919 a Gualtieri, nella bassa reggiana, dove lavora saltuariamente come manovale. La sua vita non migliora. Vive nascosto in una baracca vicino al paese in una solitudine naturale riparato dalla gente che lo deride.

Dalla boscaglia, dall’emarginazione e dalle risate dei paesani Antonio riesce a emergere grazie a Renato Marino Mazzacurati, scultore e pittore, rappresentante della Scuola Romana, il quale gli insegna la tecnica dei colori a olio. Siamo intorno al 1928 e Antonio comincia ad avere un tetto e gli strumenti per esprimere il proprio talento. E’ in quest’ottica che la coppia DirittiGermano mette a fuoco l’espressione artistica di Ligabue. Da una parte le immagini che dipingono la storia e dall’altra la fisicità e l’estro attoriale che ne completano il ritratto.   

In “Volevo nascondermi” la macchina da presa diventa macchina del tempo che scandisce la vita dell’artista senza un piano temporale vero e proprio. Il regista, non vuole raccontarla cronologicamente, soluzione spesso banale e didascalica, ma fonderla in una sorta di dinamicità statica mostrando la sofferenza, la rabbia e la gioia di Ligabue attraverso le sue grida, i suoi versi e i suoi gesti contrapposti alla scenografia padana bagnata dal Po degli inizi del novecento. Paesaggi che rendono l’opera cinematografica un montaggio di quadri in movimento, contrapposti con la loro luce morbida e naturale all’energia espressiva e rabbiosa delle pennellate di Ligabue. Una strada efficace che dà lustro, attraverso il cinema, a un uomo sofferente ma ricco di talento.

Elio Germano ci fa entrare nel personaggio Ligabue e nella sua arte. Ci fa immergere in quelle pennellate energiche e colorate che affiorano dall’immaginazione dei suoi ricordi visivi fatti di libri, cartoline e fantasia. Ligabue diceva “Gli animali sono una grande cosa, sono una compagnia molto più buona degli uomini” e attraverso quelle tigri, leopardi, volpi, cavalli, aquile e serpenti che combattono in una natura imponente e rigogliosa mostra la sua vitalità e perché no la sua rabbia, contrapponendo alla sua emarginazione non solo la forza dinamica degli animali che dipinge, ma anche quella dei suoi autoritratti, la cui profondità dello sguardo severo e profondo rimprovera l’osservatore.

L’arte di Ligabue scaturisce anche dalla generosità di chi ha capito e aiutato l’uomo. Come lo scultore Andrea Mozzali che ospitò il pittore a Guastalla durante la Seconda Guerra, facendo aumentare, negli anni successivi, l’interesse definitivo da parte della critica per le sue opere. Ligabue diventa famoso con articoli sui giornali, servizi fotografici e documentari. Nel 1955 inaugura la prima mostra nel mantovano e infine nel 1961 la consacrazione a Roma presso la Galleria La Barcaccia.

Ligabue fu internato più volte e subì un’emiparesi che non gli impedì di dipingere, mostrando fino all’ultimo la sua forza e consapevolezza d’artista nonostante le difficoltà. Morì nel 1965.

“Volevo Nascondermi” è un film sulla diversità, argomento di grande attualità, ma assolutamente gentile e rispettoso. Vedere Ligabue, artista accostato a grandi come Van Gogh, correre in motocicletta nelle strade di campagna, modellare con tecnica efficace le sue argille del Po trasformandole in animali scattanti o meditare seduto e impaurito su Ponte Sant’Angelo le meraviglie di una Roma notturna ci fa venire voglia di conoscerlo meglio e di approfondire la sua arte.

Un cinema da apprezzare per le sue qualità artistiche. Un plauso speciale oltre a Giorgio Diritti ed Elio Germano premiato a Berlino per la sua interpretazione, vanno a Ludovica Ferrario e Matteo Cocco per la scenografia e la fotografia.  

“L’è matt” dicevano al suo passaggio, ma a quanti di noi farebbe bene un pizzico di quella lucida follia.

Alfonso Federici