L’Italia pullula ormai di classi sociali che mancano di rappresentanza sociale. Non sono più rappresentate da nessuno.
Partiamo dai lavoratori, da chi produce davvero la ricchezza del paese: quella che una volta veniva definita la classe operaia, ma che c’è ancora.
Molti aspettano la cassa integrazione, altri attendono – ahimè – un probabile licenziamento.

Questa classe non viene certamente difesa da Salvini, che ha scovato l’idea del nemico, l’idea della lotta del penultimo contro l’ultimo. Ma gli operai non li difende nessuno. Non li difendono certo i sindacati come CISL e UIL, che di fatto coi loro vertici sono lì a difendere se stessi: tutelano il loro ruolo di sindacalisti, non il lavoro.
Non c’è in sintesi una destra che difenda questa classe operaia, né un sindacato.

Poi c’è un ceto medio proletarizzato, fatto di una miriade di piccoli artigiani, commercianti, ristoratori, tassisti, professionisti in generale. Tutti scaraventati verso il basso in un terribile processo di proletarizzazione privo di tutela. E non bastano i 600 euro (quando ci sono).

Per non parlare della questione del protagonismo: questi ultimi non sono protagonisti in nulla, sono attori passivi. Subisono i processi di globalizzazione del capitalismo, subiscono i processi di non-decisione della loro vita.
Sono poi considerati esclusivamente come consumatori, e se lavorano sono visti alla stregua degli schiavi perché il lavoro oggi viene visto quasi come una cortesia, come un “favore” che ti fa la società.

E a questo 70%-80% della popolazione italiana che voglio rivolgermi: il Paese senza di voi non esiste. Un Paese privo di chi produce davvero la ricchezza non esiste.
E infatti il nostro Paese, in realtà, non esiste.

3 minuti con Marco Rizzo


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