Da tempo l’equilibro che regnava nell’informazione sul web sembra essersi rotto bruscamente. Il fiorire di sezioni delle testate online dedicate al fact-checking, con addirittura la nascita di un’apposita professione dedita a puntare l’indice contro le presunte notizie false. E in ultimo il ruolo dei social: da semplici provider stanno sempre più assumendo le sembianze di editori, che decidono di oscurare determinati contenuti indigesti.

L’arcipelago dei media digitali già frastagliato di suo, adesso è “una maionese impazzita”, come l’ha definito il giornalista di Report Sigfrido Ranucci intervistato da Fabio Duranti e Francesco Vergovich. Sotto accusa sono finiti i censori del web, coloro che si arrogano il diritto di marchiare l’informazione scomoda e controcorrente con un semplice bollino: fake news.

Questo il commento di Sigfrido Ranucci a “Un Giorno Speciale”.

Quel bibliotecario ubriaco chiamato web

Bollano qualsiasi cosa come una fake. Basterebbe una presenza più costante dei media seri sui social. Il web è una ricchezza, una risorsa straordinaria, ma anche un bibliotecario ubriaco. Nel senso, chi è che decide che una notizia è fatta bene? Qualcuno che ad un certo punto spunta dal profondo dei social e dice questa è una fake, quest’altra via libera. In questo momento siamo in una maionese impazzita”.


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