Maschere e dispositivi sanitari più o meno complessi che coprono il volto, per non parlare dei braccialetti elettronici: l’epoca del coronavirus sarà ricordata anche per questo, perché in questo tempo tutto ciò non si riconosce più solo nell’outfit di un criminale o di un fondamentalista religioso, ma nella vita di tutti i giorni.
Al parco, al supermercato e talvolta persino in macchina in solitudine; vedere volti coperti da mascherine è un’abitudine della società moderna apparentemente innocua e straordinariamente importante a detta di alcuni virologi, ma non va dimenticato quanto la potenza di un simbolo possa cambiare una cultura.
Lo ha ricordato a ‘Un giorno speciale’ il filosofo e saggista Diego Fusaro, che insieme a Fabio Duranti e Francesco Vergovich ha ricordato quanto la nuova consuetudine occidentale di coprire il volto per difendere la vita possa costituire un potente messaggio di allineamento a regole certamente eccezionali, ma che mai avremmo immaginato possibili alcune settimane fa.
Ecco l’intervista di Fabio Duranti e Francesco Vergovich a Diego Fusaro.
La nuova cultura della mascherina
La mascherina è ormai il marchio dello schiavo ideale del nuovo regime sanitario, non saprei definirla altrimenti per tre ragioni:
- In primis cancella l’individualità di ciascuno, ci rende indifferenziati e seriali: siamo irriconoscibili;
- In secondo luogo ci disumanizza, diceva Aristotele che l’uomo è “un animale dotato di logos”, inteso come linguaggio. Con la mascherina resta solo la componente animalesca;
- Infine è l’emblema del bavaglio, dell’impossibilità di parlare, di un’autocensura che viene accettata con ebete letizia da chi è contento di autocensurarsi.
Tra l’altro c’è un paradosso in tutto questo, che il massimo del civismo (rispettare le regole, rispettare società, rispettare l’emergenza) ci ha portato a un’assenza della società, perché ciascuno è massimamente cinico nel momento in cui tradisce la società e si rinchiude come un atomo nella sua vita privata: è questo il paradigma del nuovo regime sanitario.
Il principio del distanziamento sociale
La chiave di tutto è il distanziamento sociale, fondato su una società basata sulla biosicurezza, la sicurezza della vita sul cui altare si sacrifica tutto: costituzione, democrazia, libertà fondamentale. Neanche il fascismo c’era riuscito, dice Giorgio Agamben, ci riesce ora questo regime terapeutico.
Tra l’altro in ciò sono coinvolte le anime belle fucsia-arcobaleno che cantano ‘Bella ciao’ che un tempo si battevano, dice Agamben, per la libertà contro l’ingerenza del potere e che ora si battono per l’ingerenza del potere, per le diminuzioni di libertà, addirittura invocando i braccialetti elettronici. E’ un paradosso lampante.
Quello che più colpisce in questa situazione di sospensione della libertà è proprio l’incapacità di guardare a questi dispositivi al di là del contesto in cui sono operativi, al di là dell’immediatezza. L’incapacità di chiedersi “quando verrà meno questo principio?”.
Nessuno riesce a ragionare su questo. Per inciso pare che nel nuovo decreto di Rilancio si prolungherà per altri sei mesi lo stato d’emergenza, questo è preoccupante.
“Le 4 mosse con cui hanno massacrato il paese”
Sono riusciti a trasformare le masse in un gregge, un gregge che guarda solo in basso pur di sopravvivere.
Hanno massacrato il paese in quattro mosse: per due mesi ti impediscono di lavorare, non ti danno di che sopravvivere, ti fanno pagare le tasse sulla base di quanto si è guadagnato l’anno scorso, quindi con prospettive falsate, ti portano via in autunno con la patrimoniale quel poco che avevi accumulato col tuo sudore. Questo sarà il capolavoro del governo giallofucsia nemico dei lavoratori e amico delle multinazionali.
Il caso Radio Radio
Che Radio Radio sia fecondamente sgradevole all’ordine dominante è evidente, perché è una radio libera e indipendente che a differenza di molte altre emittenti dà voce alla libertà di pensiero. Non mi stupisco del fatto che venga colpita, forse invece mi stupisco del fatto che a colpirla siano coloro i quali si ergevano a paladini delle classi lavoratrici e della libertà e che, come nella conclusione di “1984” di Orwell, ora si ritrovano ad amare il Grande Fratello, cioè il potere di cui sono servitori senza dignità“.
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