L’emergenza coronavirus colpisce l’Italia sia sotto l’aspetto sanitario sia sotto quello economico. Sebbene possa sembrare inopportuno parlare adesso di calcio, è evidente che una valutazione delle ripercussioni economiche del COVID-19 sulla “industria” del pallone deve essere affrontata. Il giro d’affari che ruota intorno al mondo del calcio è infatti enorme: dagli sponsor alle tv, dalle scommesse al merchandising.

Quale futuro per l’Italia dopo l’emergenza coronavirus? Come ne uscirà il mondo del calcio?

Lo abbiamo chiesto a Maurizio Stirpe, ecco l’intervista a ‘Lavori in Corso’ con Luigia Luciani e Stefano Molinari.

“Siamo nel pieno di una crisi recessiva di imponenti dimensioni, abbiamo stimato come Confindustria che nel primo semestre dell’anno avremo una riduzione del PIL del 10%, se riuscissimo a ripartire tra fine aprile e inizi di maggio la riduzione sarà solo del 6%. Il tasso di disoccupazione aumenterà progressivamente fino a portarsi a oltre l’11%, questo in uno scenario che prevede la ripartenza tra un mese, cosa che non è scontata.

Devo dire che se non vogliamo che il sistema tracolli, non parliamo di ripartenze però parliamo almeno di paracaduti per assistere imprese, lavoratori e famiglie. Mi sembra che su questo versante non si stia facendo molto. Da un decreto di 25 miliardi a marzo mi sarei atteso un intervento molto poderoso, più pesante, nel mese di aprile… ma dalle prime indicazioni i numeri non sono confortanti.

La politica deve lavorare per consentire di far riprendere un numero sempre maggiore di attività produttive, e per quel tipo di attività dove non è possibile in questo momento procedere deve creare quelle condizioni che garantiscano quantomeno l’assistenza per arrivare al momento in cui possano ripartire.

Penso che, vada come vada, il mondo del calcio uscirà fortemente ridimensionato dal coronavirus. La cosa che mi fa più spavento non sono tanto gli stipendi dei calciatori quanto il valore del calcio in sé per sé. In questo momento a livello di fatturato il calcio vale meno di zero, sia per le televisioni, sia per gli sponsor, sia per chi ha investito dei soldi. Come tante attività si dovrà ricreare una sua immagine e credibilità. Si andranno a toccare tutti i costi di produzione, per cui non so se la soluzione adottata dalla Juventus sia adeguata, io penso che per la Serie B dovremo parlare non solo del taglio degli stipendi attuali, ma anche di ridiscutere tutti i contratti pluriennali stipulati in periodi in cui le aspettative di ricavi erano completamente diverse rispetto a quello che ci attende nel futuro. Secondo me l’operazione che ha fatto la Juve è insufficiente, bisogna ridiscutere non solo gli stipendi attuali, ma anche i contratti che partiranno dalle prossime stagioni sportive che avranno i connotati dell’insostenibilità”.


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