Più che aquile, cicale. La Lazio butta via la vittoria, canta invece di ammassare gol, si limita alla sventola di Immobile e si diverte ad esibire football, creando situazioni spettacolari mentre la Fiorentina era costretta ad osservare il giro palla avversario, perdendo dopo mezzora addirittura Federico Chiesa con un muscolo ferito. Dunque esistevano tutte le premesse per il colpo pieno, per irrobustire la classifica, per ribadire il buon momento celebrato nel derby.

Primo tempo da academia, ripresa in apnea, con troppi narcisi a guardarsi nello specchio, sicuri di essere i più belli del reame. L’affanno del secondo tempo è esploso sulle fasce, specie a sinistra, là dove Radu e Lulic hanno sofferto molto, anzi troppo, sulle volate di Mirallas, protagonista del pareggio con la corsa feroce e il cross per il tocco astuto di Muriel. Due Lazio, allora, prima e dopo, Correa essenziale, elegante e decisive nella prima frazione, indisponente e pigro nella ripresa, Immobile combattente solitario contro tutti, Milinkovic Savic, cinque cose da zucchero filato e tre da prenderlo a bastonate, Luis Alberto rapido come mai visto ma poi con l’ansia della salita. Da segnalare un imprevedibile Marusic, attento e reattivo mentre Leiva si è smarrito dopo un avvio pieno.

La Fiorentina ha preso il punto quando non ci sperava più ma ha capito che la Lazio stava giocando con il gomitolo, dunque era arrivato il momento di colpirla. Un pareggio che non serve a nessuno e che lascia gusto amaro ad entrambe. 

Tony Damascelli