Omicidio di Serena Mollicone: nel registro degli indagati la famiglia dell’ex maresciallo, ma secondo il criminologo e consulente della difesa Carmelo Lavorino le ipotesi sono infondate

“Ci stiamo incamminando verso un processo che darà false speranze alla famiglia della povera Serena Mollicone, le ipotesi accusatorie non sono supportate da un bel nulla”.

“Gli investigatori hanno preso una cantonata – spiega nell’intervista di Francesco Vergovich il Criminologo Carmelo Lavorinosi fa affidamento sulla testimonianza di un brigadiere in preda a grossi problemi psichici e su una porta rimasta nello stesso posto fino al 2009″.

Santino Tuzi, il brigadiere che avrebbe accolto Serena nella caserma, si è tolto la vita nel 2008, poco dopo la sua testimonianza agli inquirenti: “Si è suicidato in diretta per fare dispetto all’amante – commenta Lavorino era instabile e sotto stress. Ha dichiarato ben 7 anni dopo il fatto di aver visto entrare Serena in caserma alle 11 e mezzo, quando ben sapeva che Carmine Belli (il carrozziere amico di Serena Mollicone N.d.R.) era accusato di aver ucciso Serena alle 10:30. Tu la vedi viva un’ora dopo e lo dici a distanza di 7 anni? Siamo al limite del non credibile.

“Non vedo l’ora di leggere l’informativa prodotta dall’Arma dei Carabinieri per smontarla, così come a suo tempo ho smontato quella che ‘incastrava’ Carmine Belli”.

Tra le ipotesi depositate, la ricostruzione che vede la ragazza sbattuta violentemente contro una porta della caserma dei Carabinieri, che si configurerebbe in tal senso come arma del delitto: “La porta è rimasta lì intatta fino al 2009 – commenta il consulente della difesa – se quella fosse l’arma del delitto gli assassini non l’avrebbero mantenuta lì alla mercé di tutti!”

“La storia è assolutamente un’altra – afferma con certezza Carmelo Lavorino – io il profilo dell’assassino l’ho già tracciato in maniera esatta. La relazione mia e del mio gruppo di lavoro ce l’ha la difesa della famiglia Mottola e verrà utilizzata nel momento opportuno”.

IL FATTO

E’ il 3 giugno del 2001 quando il corpo di Serena Mollicone viene ritrovato tra i cespugli del boschetto di Fonte Cupa, a 8 chilometri da Arce. Ha mani e piedi legati e un sacchetto di plastica intorno alla testa. Le ricostruzioni collocano due giorni prima Serena nella caserma dei Carabinieri di Arce, dove si sarebbe recata, secondo le ipotesi, per denunciare sospetti traffici di droga.

I RISVOLTI

E’ stata depositata ieri in procura l’informativa che colloca nel registro degli indagati la famiglia dell’ex maresciallo Mottola, il luogotenente Vincenzo Quatrale e il maresciallo Francesco Suprano.
L’omicidio si sarebbe svolto, secondo la ricostruzione contenuta nell’informativa dei Carabinieri, all’interno della caserma di Arce, dove Serena si sarebbe recata per denunciare dei traffici di stupefacenti che coinvolgerebbero proprio il figlio del maresciallo Mottola, Marco.
In seguito a una lite la giovane sarebbe stata sbattuta violentemente contro un porta e credendola morta avrebbero tentato, con la complicità di tutta la famiglia, di occultare il cadavere. Prima di morire la ragazza sarebbe rimasta in agonia alcune ore. Il luogotenente Vincenzo Quatrale è indagato per aver sentito le urla senza intervenire, Francesco Suprano invece per favoreggiamento.