Il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe, nonchè presidente del Frosinone calcio, è intervenuto a Radio Radio per parlare della crisi del settore automobilistico.

Viene detto da molti che l’andamento dell’industria automobilistica sia in crisi? Quanto c’è di interno e quanto di esterno in questa crisi italiana?

“Per quanto riguarda il settore dell’auto ci sono dei fattori esterni, che possono riassumersi nella guerra commerciale in atto tra Cina e Usa. In secondo luogo la revisione della normativa sui motori diesel, entrata in vigore nell’ultimo quadrimestre dello scorso anno. Poi ci sono fattori che riguardano l’Europa, che possiamo riassumere nella fine della quantità di leasing, nei rischi della Brexit e nel rallentamento economico della Germania nell’ultimo quadrimestre”.

Il governo italiano c’entra poco su questi fattori?

“Sicuramente c’entra poco, però ci ha messo del suo, nel momento in cui ha deliberato di istituire l’ecobonus come è stato concepito. Dove in pratica per migliorare le condizioni dell’ambiente si è andato a penalizzare coloro che magari sostituendo le automobili più datate andavano ad assumere una decisione che andava a favore dell’ambiente. Soprattutto se consideriamo che la Fiat ha fatto una scelta ben precisa, nel momento in cui ha deciso di produrre le macchine nei paesi low cost. L’Italia invece doveva diventare il polo delle vetture di lusso. Le Alfa Romeo e le Maserati dovevano essere prodotte in Italia. Con questo provvedimento si è andato a penalizzare quello che viene prodotto in Italia. C’è molta confusione su questo tema. La ragione principale proviene dall’esterno, ma anche noi non ci stiamo impegnando per contrastare questa tendenza”.

Di Maio ha detto che il Governo non aveva la possibilità di incidere sull’economia nel 2018, spiegando che la colpa è di chi lo ha preceduto perché ha raccontato un sacco di frottole affermando che l’Italia è uscita dalla recessione. Cosa ne pensa?

“I numeri dicono che il primo semestre del 2018 erano ancora positivi, poi più per fattori esterni che interni, la rotta si è invertita. Non dimentichiamo che però l’economia italiana ha avuto un’espansione, non importantissima ma costante dal 2014 al 2018”.

Cosa andrebbe fatto secondo lei e secondo gli industriali?

“Bisogna spingere sulle misure che facciano crescere il paese e mi riferisco soprattutto alle infrastrutture. Ci sono opere finanziate da tempo per 27 miliardi che non si riescono a sbloccare senza sapere il perché, se per motivi politici legati all’iter tecnico operativo di esecuzione della gara o di avviamento dei cantieri. Se sbloccate creerebbero 400mila posti di lavoro. Sarebbe la prima cosa da fare per contrastare questa tendenza negativa. Poi bisognerebbe realizzare un piano per la crescita occupazionale, soprattutto dei giovani, attraverso degli incentivi ai lavoratori, più che alle aziende. Questo potrebbe aiutare a far ripartire l’economia. Non dimenticando però il problema di un deficit elevato, non possiamo fare più di quanto abbiamo fatto. Quello che è stato posto in campo, come avete visto nei mesi passati, è stato sotto la lente d’ingrandimento e sotto la mannaia sia del Fondo Monetario Internazionale che della Comunità Economica Europea. Perché come ha ricordato giustamente Draghi, i paesi maggiormente indebitati sono quelli dove la sovranità è a rischio, perché non dipende più dalle decisioni politiche ma dai mercati, ossia da coloro che poi devono finanziare il debito pubblico”.

Lunedì c’è Frosinone-Lazio, i tifosi biancocelesti devono avere paura dopo la vittoria dei ciociari per 4-0 contro il Bologna?

“I tifosi della Lazio sanno che tifano una squadra forte, una delle realtà più importanti del calcio italiano. Dovremo scalare una montagna, non sarà facile. Col Bologna era una partita diversa, la qualità dei biancocelesti è superiore senza nulla togliere ai rossoblù. La qualità della Lazio è lontana dalla nostra portata, dovremo fare la partita della vita per un risultato positivo. Ci proveremo”.