La mossa del governo su Poste Italiane conferma i timori sulle privatizzazioni iniziate 30 anni fa

Poste Italiane svela il suo piano industriale 2024-2028, anticipando il secondo collocamento sul mercato.
Il focus delle Poste Italiane è sull’incremento dei dividendi, con una proiezione di distribuzione del 65% degli utili netti, raggiungendo 2,3 miliardi di euro nel 2028. L’amministratore delegato promette un dividendo minimo di un euro per azione dal 2026 con una crescita annua del 7%. Nonostante le aspettative degli analisti fossero più alte, il mercato reagisce negativamente e tuttavia l’amministratore delegato garantisce la solidità del piano. La trasformazione aziendale mira a diventare un operatore logistico completo con un focus, leggete bene, sulla “logistica sanitaria e alimentare”.

Insomma viene presentata una super app che sarà il fulcro dell’accesso per 45 milioni di clienti integrando l’intelligenza artificiale anche per personalizzare l’esperienza. Il piano prevede anche un’espansione significativa dei servizi digitali e dei pagamenti tramite Postepay.

L’amministratore delegato respinge delle voci su nomine pubbliche, sottolineando l’impegno del management nell’assicurare credibilità e coerenza. Insomma, Poste Italiane decide di alzare l’asticella dei dividendi, ma il governo sembra rispondere con un controsenso: anziché aumentare la quota di partecipazione pubblica, opta per ridurla, privatizzandone una parte significativa.
Un’azione che in questo senso, come evidenzia anche il Sole 24 Ore, sfida la logica, il buon senso.

Ora, quello che voglio farvi notare è che è da 30 anni che noi continuiamo ad andare sul versante delle privatizzazioni.
Abbiamo svenduto tutto quello che si può in Italia, e stiamo svendendo gli ultimi gioielli di famiglia. E’ la conseguenza logica di una scelta che ci sta portando verso un’economia ormai lontana dai bisogni dei cittadini e dell’uomo. Ecco perché il 18 di aprile farò un evento in provincia di Vicenza in cui parlerò molto semplicemente alle persone di economia umanistica. E lo faccio proprio perché l’economia umanistica è un’economia che ha una forte matrice pubblica e per la quale le privatizzazioni devono essere fatte con molta prudenza.

Malvezzi Quotidiani, comprendere l’economia umanistica con Valerio Malvezzi