“Cosa diremmo se si trattasse di nostra madre, nostra sorella, nostra moglie, o delle nostre cugine? […] Dobbiamo essere la voce di quelle donne che non possono parlare per se stesse”.

Frances Fitzgerald (Partito popolare europeo),
dibattito in Parlamento del 18 dicembre 2019

Contrapposizioni ideologiche

Siamo in Francia, è il 4 marzo 2024 e il diritto all’aborto è entrato nella Costituzione. Nominato come primo paese al mondo ad adottare una norma simile a tutela dei diritti umani in generale e nello specifico, delle donne. Il Primo Ministro Gabriel Attal ha aperto il dibattito parlamentare di riferimento affermando “Abbiamo un debito morale nei confronti di tutte le donne che hanno sofferto a causa di aborti illegali”. Il Presidente Emmanuel Macron, dopo la votazione (con maggioranza di 780 favorevoli e 72 contrari) pubblica su X “Celebriamo insieme l’ingresso di una nuova libertà garantita nella costituzione”. La folla si dilata per le strade della capitale francese e inneggia ai festeggiamenti.

Da un lato una conquista sul fronte dei diritti umani, dall’altro un affossamento e una lotta continua, perché oggi siamo anche in Africa Subsahariana e in Medio Oriente, in paesi come Iraq, Kurdistan e Yemen. Ma anche in Asia, Indonesia. Infine, per effetto migratorio, in alcune zone dell’Italia: Europa.
In questi luoghi, all’età di circa nove anni, ogni ragazza subirà la pratica della FGM (Female Genital Mutilation), senza poter opporre resistenza rimarrà in silenzio sull’accaduto per il resto della sua vita. Pagandone le conseguenze, psicologiche e fisiche.
La FGM, nota in Italia come la pratica delle mutilazioni genitali femminili, si riferisce a una procedura che consiste nella rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni per ragioni non di natura medica. In Somalia la pratica è universalmente riconosciuta, parliamo del 90%, mentre non più dell’1% in Uganda. Seppur illegale in Europa, circa 600mila donne sono comunque state vittima di questa pratica e ancora molte ne sono a rischio.

Le forme di FGM/C sono molteplici, si differenziano in base alla religione e alla comunità e, di conseguenza, anche all’età delle ragazze.
A livello internazionale sono stati individuati 4 tipi di mutilazioni: rimozione parziale del prepuzio clitorideo con asportazione parziale o totale dello stesso; rimozione piccole labbra con totale o parziale rimozione del clitoride e grandi labbra; rimozione parziale o totale di entrambe le labbra (piccole e grandi) con cucitura della vagina lasciando un piccolo foro per pipì e mestruazioni (infibulazione); altro come cicatrizzazione del clitoride o taglio della vagina.

Analizzando la mappa concettuale sopra esposta (FGM/C Research Initiative) possiamo notare appunto che tra il livello di percentuale massima ove si pratica la FGM (Somalia) e quello di percentuale minima (Uganda) vi sono variazioni differenti da paese a paese perciò da un gruppo etnico a un altro. Egitto, Etiopia ed Eritrea assieme rappresentano il 42% del carico globale di riferimento, parliamo di circa 200 milioni di ragazze e donne sottoposte forzatamente alla FGM. In Kenya la diffusione è diminuita passando dal 37% ca. nel 1998 al 14% ca. nel 2022. Ma non basta.

Lo specifico del Sierra Leone

Prendiamo come esempio il Sierra Leone, ove ci aggiriamo attorno all’83% di espansione del fenomeno. In questo paese la pratica avviene tramite un rito di iniziazione, proprio della società segreta nominata Bondo. Nella regione del Sierra abbiamo un’incidenza maggiore a nord, nel Karene, mentre nella provincia centrale, Bo, si registrano a confronto casi minori. L’età di ‘scissione’ varia dai 9 ai 14 anni, il tipo di FGM di riferimento è ‘taglio e rimozione della carne’. Il fattore controverso è che il 57% delle donne non ritiene di dover cambiare la situazione. Ignaro il motivo di tale atteggiamento e, a maggior ragione, assolutamente non condannabile. Consideriamo il fatto che queste donne e ragazze nascono in un determinato contesto culturale, lo stesso che per decenni, secoli ha alimentato questo modello di vita propinandolo come canone massimo di ‘bellezza e purezza’.


Nel novembre 2014 scoppia una crisi di ebola e la pratica delle FGM viene sospesa, dichiarando la stessa come ‘divieto nazionale’. Passata l’epidemia, l’anno successivo, il presidente Ernest Bai Koroma espresse pubblicamente il desiderio che le pratiche tradizionali potessero interrompersi del tutto. Sfortunatamente, avvenne il contrario:

Indici di sviluppo, divisi per crescita della popolazione, mortalità infantile, morti di parto, indice sull’uguaglianza di genere

Esiti burocratici

Sotto il profilo burocratico, la contrapposizione alle varie forme di FGM/C ha avuto origine solo a partire dagli anni ’70 del ‘900, vi sono due documenti prodromi a quelle che poi saranno vere e proprie norme e risoluzioni. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979 ricorre alla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Tale Convenzione entrerà in vigore a partire dal 1981 come trattato distribuito in 20 paesi. All’Articolo 1 si legge:

“Ai fini della presente Convenzione, l’espressione “discriminazione nei confronti della donna” concerne ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o distruggere il riconoscimento, o il godimento o l’esercizio, da parte delle donne, quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo, su base di parità tra l’uomo e la donna”.

Altresì, a partire dal 1999, a seguito della Dichiarazione sui Diritti e il Benessere del bambino africano, abbiamo anche la Convenzione africana sui diritti e il benessere del bambino.

Il Parlamento Europeo si è mosso in tal senso adottando soluzioni comuni, quella del 25 ottobre del 2012 ne è un esempio, stabilendo l’istituzione di norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.
Ancor prima, abbiamo la risoluzione del 2001 e, a seguito, una legge del 9 gennaio del 2006, n. 07: “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile, chiunque pratichi l’infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro.
È necessario fare opera di sorveglianza e prevenzione, soprattutto nei confronti delle figlie delle donne che hanno già subito mutilazioni nel loro Paese d’origine. L’art. 4 della legge prevede che il Ministero della salute emani Linee guida destinate alle figure professionali sanitarie e ad altre figure, che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove si effettuano pratiche di mutilazione genitale, per realizzare un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche”.

Facendo riferimento a termini più recenti in ambito europeo, abbiamo la risoluzione del 12 febbraio 2020 inclusiva di norme ad azione comune e prevenzione a sostegno delle vittime della FGM/C.

La pratica della FGM/C ha sempre avuto connotazione perlopiù culturale e religiosa (seppur in auge già prima del Cristianesimo e dell’Islam). Classismo è la parola chiave, quello che riguarda da un lato la società stessa e dall’altro una forte presenza di patriarcato, ceco più che mai di fronte a profonde violazioni di diritti umani. Seppur siano stati fatti passi avanti, la strada per l’abolizione totale è ancora lunga, ad oggi ci sono ancora oltre 200 milioni di donne vittime di pratiche di mutilazione genitale in tutto il mondo. E la maggior parte non ha idea che a tutto questo c’è un’alternativa.
8 marzo 2024.