“Punirne uno per educarne cento” ▷ L’intervista sul caso Assange ad Alessandro Di Battista

L’Alta Corte inglese ha decretato il futuro di Julian Assange in merito alla sua estradizione negli Stati Uniti. La comunicazione del verdetto è rimandata ai primi di Marzo, verosimilmente intorno al 5.
Il caso Assange ha fatto tremare il dibattito pubblico per anni. Il giornalista e attivista australiano, fondatore di WikiLeaks, rischia 175 anni di carcere. Detenuto dal 2019 nel carcere di Belmarsh a Londra, Julian Assange si trova agli arresti per violazione dei termini di libertà su cauzione conseguente ad alcune accuse (poi archiviate) di stupro dalla Svezia e poi in relazione a un’accusa di cospirazione da parte degli Stati Uniti a seguito della quale è stata richiesta l’estradizione. Il giornalista pubblicò sul portale WikiLeaks dei documenti secretati sui crimini di guerra commessi dagli USA in Afghanistan e in Iraq.

Sul caso Assange c’è stata poca attenzione in generale?

I principali aguzzini di Assange sono i suoi presunti colleghi, più che la CIA, National Security Agency, il Pentagono, il Dipartimento di Stato americano. Già l’hanno ammazzato Assange, togliendogli la libertà e la possibilità di lavorare negli ultimi 13 anni, quindi la verità è che già hanno colpito uno per educarne cento, però i principali responsabili appunto di questa prigionia che avviene nel cuore del libero e democratico occidente, sedicente libero e democratico occidente è tutta responsabilità dei giornalisti che si sono voltati dall’altra parte o per invidia, o per pavidità, o per salvaguardare una comfort zone, un conto in banca, una carriera, dimenticando un giornalista più bravo di loro, più coraggioso di loro che ha avuto appunto il torto di pubblicare notizie di pubblico interesse. Sento dire oggi dai detrattori che non è un giornalista, a parte che ha vinto decine e decine di premi giornalistici in tutto il mondo, ma tutti gli scoop che ha fatto Wikileaks li ha realizzati, li ha pubblicati insieme ai principali quotidiani del mondo, New York Times, Il Pais, Le Figaro, Der Spiegel.

In questo momento vengono messi a confronto Assange e Navalny e non si capisce, perché si debba scegliere l’uno o l’altro, perché non si possa difendere tutti e due…

Questa è una scemenza, ma comunque io non ho mai paragonato Navalny ad Assange. In caso Navalny si può paragonare a Gonzalo Lira, che è un blogger, fondamentalmente un dissidente politico anti Zelensky che è morto il mese scorso in una prigione ucraina nel silenzio generale, si è ammalato e l’hanno lasciato morire. Si può paragonare come per capire quello che avviene di sconvolgente all’interno dei carceri russi e quello che avviene di sconvolgente all’interno dei carceri ucraini. Per quanto riguarda Assange il tema è la libertà di stampa, di informazione, quindi la nostra stessa libertà. Assange è un giornalista, ripeto, che se avesse pubblicato scoop sulla Corea del Nord, sull’Iran, sulla Cina, sulla Russia, avrebbe vinto il Pulitzer, gli avrebbero dato anche il premio Nobel per la pace. Ma dato che ha svelato il potere segreto, il complesso militare industriale americano e le porcherie che hanno fatto gli americani e non solo loro, in Iraq, in Afghanistan e in Libia, giustamente oggi anziché parlare di quel che ci ha permesso di sapere Julian Assange, il dibattito è ma era o non era un giornalista, era o non era un hacker? Il tutto per non dire, per non ricordare quello che ci ha fatto sapere.

Lo stesso lavoro fu fatto al tempo della guerra in Vietnam, e portò delle conseguenze gravi, militari americani condannati all’ergastolo per strage di civili, quindi in quel caso la libertà di stampa si dimostrò efficace. Possiamo dire che la situazione è peggiorata?

Il mondo è peggiorato, io mai avrei pensato di guardare con nostalgia ad alcuni politici della prima repubblica, mai avrei pensato una roba del genere, quando avevano maggiore indipendenza, caratura intellettuale, indipendenza intellettuale e politica, pensa soltanto alle dichiarazioni che venivano fatte da Craxi, Moro, Andreotti, Berlinguer anche sul tema della questione palestinese. Però, esattamente come dici tu, sembra paradossale, ma negli anni 70 il mondo era più libero dal punto di vista dell’informazione di oggi, è innegabile, oggi appena dici una cosa fuori posto viene subito catalogato: denunci il genocidio a danno dei palestinesi sei filo-Hamas, denunci il fallimento della strategia della Nato in Ucraina sei filo-Putiniano, questa roba serve per evitare di parlare concretamente, anche con idee diverse, di determinate questioni, ma serve a delegittimare il ragionamento altrui, è veramente subdola, la censura e l’autocensura oggi caratterizzano l’informazione soprattutto occidentale e in particolare italiana, è qualcosa che anni fa non accadeva.