I nostalgici del fascismo svolgono un ruolo importante per il capitalismo odierno, ma non lo sanno

Continua senza posa a far discutere il raduno di nostalgici del fascismo che si sono dati convegno per ricordare l’eccidio di Acca Larentia. Una pagina orribile della storia del nostro Paese che si sviluppò in anni in cui effettivamente da ambo le parti dominava la violenza, secondo quella che veniva definita la strategia della tensione e che in ultima istanza era funzionale alla stabilizzazione del potere capitalistico. Ora bisogna ricordare un fatto forse noto ma non conosciuto: il fascismo storico è per fortuna un episodio morto e sepolto. Il capitalismo non sa letteralmente più che farsene del fascismo e anzi può addirittura menar vanto oggi, di essere antifascista nella misura in cui la sua nuova fisionomia è quella del liberismo progressista che tutto liberalizza e deregolamenta in forma anarchica.

Il liberismo, come sappiamo e come Pasolini ci ha insegnato, non ha nulla da invidiare quanto a carattere totalitario e repressivo rispetto al vecchio fascismo. E però siamo entrati in una nuova fase. Siamo passati da un capitalismo clerico fascista a un capitalismo deregolamentato di libero consumo, per riprendere ancora Pasolini. Ora, i militanti del braccio teso, che meglio andrebbero definiti come militonti, sono semplicemente rigurgiti folclorici del passato, che, probabilmente senza saperlo, semplicemente fanno il gioco dell’ordine liberista dominante, il quale non vede l’ora di resuscitare il pericolo fascista per dirottare l’attenzione rispetto alla violenza invisibile del sistema neoliberale egemonico, quello della violenza del mercato e delle sue leggi spietate e inesorabili.

Così si spiega, d’altro canto, anche la volgare silhouette della sinistra sciarcobaleno, quella che usa a pieso spinto l’alibi dell’antifascismo in assenza di fascismo per giustificare la propria adesione indecente e indecorosa all’integralismo capitalistico. Sinistrash arcobaleno e neoliberale che giubila quando vede all’orizzonte folclorici e grotteschi rigurgiti di fascismo nostalgico. Questo schema oltretutto, come ha sottolineato il filosofo Badiou, permette ai partigiani dell’ordine neoliberale di giustificare l’ordine esistente, lo status quo, non come buono, ma come comunque migliore rispetto a tutto ciò che di diverso c’è o potrebbe esserci. Come a dire: viviamo già nella democrazia perfettamente realizzata, messa però a repentaglio dal fascismo di ritorno, cioè genericamente da tutto ciò che possa vagamente criticare l’ordine esistente.

Non viviamo in un paradiso, dicono gli alfieri del neoliberismo, ma siamo comunque fortunati a non vivere in un inferno. Questa è, in sintesi, la funzione oscena di tipo neoliberale dell’antifascismo in assenza di fascismo, rispetto al quale i reduci del braccio teso svolgono, senza saperlo, la parte degli utili strumenti. Ecco perché non mi stancherò di dire che se l’antifascismo in presenza di fascismo, come era i tempi di Gramsci o di Gobetti, fu eroico e nobile, l’odierno antifascismo in assenza di fascismo è patetico e volgare, risultando semplicemente funzione espressiva dell’ordine neoliberale e progressista, quello che appunto finge che il nemico oggi sia il fascismo, in realtà morto e sepolto, per non farci vedere come il vero nemico, in forze, sia l’ordine neoliberale, con tutta la sua violenza quotidiana, sempre giustificata in nome del teologumeno: ce lo chiede il mercato.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano